Il 25 aprile cade la ricorrenza della Festa della Liberazione, un’occasione per celebrare appunto l’insurrezione dei partigiani contro l’esercito nazista e la liberazione del Paese dal nazifascismo. Oggi per l’Italia è un giorno di festività ed è una buona occasione per concedersi un’uscita, Restare a casa e perdersi un’opportunità? assolutamente no, perché neanche la pioggia svilisce il fascino del capoluogo campano. Dalla Certosa e Museo di San Martino a Castel Sant’Elmo, dal Museo Duca di Martina, Villa Floridiana al Museo Diego Aragona Pignatelli Cortes, dal Parco e tomba di Virgilio alla Certosa di San Giacomo da Villa Jovis al Museo storico archeologico di Nola insomma c’è solo l’imbarazzo della scelta. Ma ecco, ulteriori suggerimenti su dove andare senza stare troppo sotto l’ombrello.
L’Ospedale delle Bambole è specializzato nell’antica arte del restauro delle bambole d’epoca ed oggi ripara anche bambolotti più moderni; qua troviamo ogni tipo di bambola rotta da quelle di plastica a quelle di porcellana, da quelle di legno a quelle di cartapesta. La storia sulla nascita di questo particolare ospedale risale alla fine del XIX secolo, quando Luigi Grassi, scenografo dei teatri di corte e dei teatrini dei pupi, lavorava in via S. Biagio dei librai, stradina famosa e conosciuta fin dall’antichità come Spaccanapoli. Qua, il Cavalier Luigi Grassi, riparava oggetti di tutti i tipi e costruiva soprattutto pupi di scena che, spesso rotti, venivano aggiustati nel suo laboratorio.
Avvenne che un giorno gli capitò di riparare una bambola facendola ritornare come nuova, diventando così il beniamino di tutte le bambine. Ben presto la voce si sparse, tante mamme cominciarono a recarsi in bottega per recuperare l’unica bambola della propria bambina e il laboratorio si riempì di gambe, occhi e braccia che penzolavano dappertutto. Fu proprio una popolana che passando di lì esclamò: “Me pare proprio ‘o spitale de’ bambule” (Mi sembra proprio l’ospedale delle bambole).
Il Tunnel Borbonico, luogo affascinante e suggestivo dotato di una scenografica illuminazione, la Galleria Borbonica racconta 500 anni della storia di Napoli. Era il febbraio del 1853 quando Ferdinando II di Borbone firmava un decreto per progettare un viadotto sotterraneo dal Palazzo Reale a Piazza Vittoria, l’idea era quella creare un percorso militare in difesa della Reggia, che potesse servire anche da via di fuga per i reali. Nel ventre di Napoli è quindi possibile effettuare un percorso affascinante che oggi si arricchisce di diverse attrazioni: tra gli altri interventi, effettuati vi è quello del restauro e dell’esposizione delle auto e moto d’epoca ritrovate sul luogo e degli ulteriori ritrovamenti di rilievo, come ad esempio il monumento dedicato al fascista Aurelio Padovani, ritrovato nel marzo 2010 sotto cumuli di macerie. Gli ambienti sommersi da metri e metri di detriti di vario genere sono ritornati al loro splendore originario, divenendo così una rilevante attrazione turistica
Palazzo Spinelli Si tratta di un palazzo appartenuto a Troiano Spinelli, un importante filosofo, economista e storico italiano duca di Aquara. Palazzo Spinelli, ubicato al numero 362 di Via dei Tribunali, sul Decumano maggiore di Napoli, è senza dubbio uno degli edifici monumentali più antichi ed enigmatici di Napoli. Come ogni palazzo storico che si rispetti anche Palazzo Spinelli è famoso per la presenza di un fantasma che si aggira tra le sale interne della struttura. La leggenda racconta che si tratti del fantasma di Bianca, una giovane damigella al servizio della famiglia Spinelli, murata viva all’intero di una delle tante stanze del palazzo. A deciderlo fu la moglie di Troiano Spinelli, Lorenza, donna cinica, crudele e gelosa della giovane. La fanciulla, una volta accettato il suo ignobile destino, prima di morire avrebbe lanciato una maledizione, che tutt’oggi graverebbe sulla casata. Gli amanti del cinema ben conoscono questa antica struttura poiché è stata scelta come location di alcune scene di diversi film come La Pelle di Liliana Cavani, Maccheroni di Ettore Scola e Giallo Napoletano di Sergio Corbucci.