Una giornata da ricordare, quella di oggi, martedì 21 luglio: le forze dell’ordine hanno sferrato un duro colpo al clan Moccia. I carabinieri del Ros di Napoli, il nucleo investigativo di Castello di Cisterna e il personale della polizia di Stato della squadra mobile di Napoli hanno provveduto all’esecuzione di due ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse Giudice per le indagini preliminari del tribunale del capoluogo campano, nell’ambito delle indagini svolte dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. I provvedimenti cautelari scaturiscono da una serie di omicidi posti in essere nella zona nord di Napoli.
Una prima ordinanza riguarda lo sviluppo di quella eseguita nel settembre dello scorso anno nei confronti di Michele Puzio, già condannato per il suo ruolo di esponente apicale del clan Moccia di Afragola, in quanto gravemente indiziato per il reato di concorso nell’omicidio di Immacolata Capone, verificatosi a Sant’Antimo il 17 marzo 2004, aggravato dall’agevolazione mafiosa e dai correlati reati in materia di porto d’armi. La vittima, all’epoca, svolgeva l’attività di imprenditrice nei comuni di Casoria e Afragola. Puzio, nell’assumere a partire dal febbraio di quest’anno la veste di collaboratore di giustizia, ha confessato la sua partecipazione al delitto, anche ammettendo di avere indossato il cappellino rinvenuto sul luogo del crimine e sul quale erano state individuate tracce del suo Dna. L’uomo ha altresì ammesso, come pure era parzialmente emerso nel corso delle indagini, di aver confezionato un falso alibi ottenendo la formazione di un verbale di contravvenzione per un’inesistente violazione al codice della strada, che lo collocava per il giorno e l’ora dell’omicidio in un luogo diverso da quello presso cui veniva commesso il delitto. In forza della chiamata in correità di Puzio e dell’ acquisizione dei relativi elementi di riscontro, il giudice ha ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza per il concorso nell’omicidio della Capone a carico di altri esponenti di spicco del clan Moccia: F. I., F. F. e G. A.. A seguito di ulteriori indagini svolte dagli inquirenti è stato confermato il movente: il clan ha voluto punire la donna, perché ritenuta mandante dell’omicidio del marito Giorgio Salierno, a sua volta uomo di fiducia dei vertici dell’organizzazione e al fine di impedire il rafforzamento dei legami economici fra l’attività imprenditoriale facente capo alla Capone e clan diversi dal clan di Afragola.
Oggetto dell’ ordinanza è anche l’omicidio di Mario Pezzella, fratello di F. P. , storico membro delle consorterie camorristiche operanti nelle zone di Cardito e Frattamaggiore, avvenuto il 17 gennaio 2005 a Cardito. Dall’evento in questione erano scaturite nel corso degli scorsi anni sentenze di condanna definitive nei confronti di soggetti appartenenti al clan Moccia, ovvero al federato clan La montagna di Caivano: lo stesso Giuseppe Angelino, Andrea Petillo, Domenico La Montagna e i collaboratori di giustizia Marcello Di Domenico e Roberto Fermo. Alla luce delle dichiarazioni rese da Michele Puzio, a suo tempo processato e assolto per quell’omicidio, è stato possibile ricostruire i motivi che hanno determinato omicidio, e sono emersi gravi indizi di colpevolezza a carico di F.I., quale mandante del delitto per conto del clan afragolese.
La seconda ordinanza di custodia cautelare scaturisce da fatti connessi all’omicidio Pezzella e inerisce all’uccisione di Aniello Ambrosio, anch’egli appartenente a gruppi camorristici operanti in quella zona, accertato il 21 febbraio 2014, quando nelle campagne di Grumo Nevano era stata ritrovata un’autovettura con il cadavere carbonizzato dell’Ambrosio, dopo che due giorni prima erano stati rinvenuti in circostanze simili i cadaveri di Vincenzo Montino e Ciro Scarpa. Le attività investigative unitamente alle dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia tra i quali figurano Antonio Attanasio, affiliato del gruppo camorristico riconducibile a F.P., dichiaratosi autore materiale del reato e dello stesso Michele Puzio, nonché dai riscontri effettuati dalla polizia giudiziaria, sono emersi gravi indizi di colpevolezza nei confronti del predetto F.P., quale mandante dell’omicidio, e di Nicola Luongo (già condannato per la sua appartenenza sia al clan Moccia sia al clan Nino e per l’assassinio di Felice Napolitano, commesso a Roccarainola nel 2003) quale compartecipe materiale. F.P., deciso a vendicare la morte del fratello, avrebbe deciso di uccidere Ambrosio, ritenuto uno degli autori dell’omicidio, ricorrendo invero a modalità di esecuzione particolarmente cruente. È stato inoltre scoperto che, nelle intenzioni di F.P., la scia vendicativa travolgere altri soggetti da lui ritenuti responsabili dell’assassinio del fratello.
Nel medesimo contesto e sempre per effetto delle dichiarazioni di Puzio, è stata data esecuzione a un decreto di sequestro preventivo d’urgenza emesso dalla Direzione distrettuale antimafia relativamente a un appartamento e a un terreno appartenenti al suddetto, acquistati con i proventi delle attività estorsive effettuate per conto del clan afragolese e intestati fittiziamente a terzi.
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