Pochi, pochissimi pronti alla riapertura. Confcommercio e Confesercenti ne stimano 2 su 10. Sono le attività che apriranno i battenti, o proveranno a farlo, da lunedì 27 aprile, seguendo l’ordinanza emessa dalla Regione Campania, che parla di orario di apertura per bar e pasticcerie dalle 7 alle 14, mentre dalle 16 alle 22 per pub, gastronomie, ristoranti, pizzerie, gelaterie. Per tutti vale “la sola modalità di prenotazione telefonica ovvero online e consegna a domicilio, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie nelle diverse fasi di produzione, confezionamento, trasporto e consegna dei cibi”. Insomma, non potranno aprire al pubblico. Gli orari, le norme stringenti su disinfezione e indumenti Dpi, la certezza di avere solo costi e zero ricavi, tutto ciò ha portato la maggior parte degli esercenti a dire no.
Raffaele Mele, titolare della pasticceria Blue Moon di San Marcellino, nel Casertano, non usa mezzi termini nel dichiarare tutta la sua avversione all’ordinanza. “Questa è una condanna a morte. Ho 14 dipendenti e ogni mattina che accendo i macchinari lo faccio con almeno dodici chili di farina. Ma su quali basi apro? Con la scarsa possibilità che qualcuno mi chiami per avere i dolci a casa? È uno schiaffo a chi lavora onestamente. Sono molto arrabbiato. Va bene l’orario 7/14, ma almeno mi sia data la possibilità di vendere la pasticceria alle persone che vengono, facendole entrare una o due alla volta, così da non esserci contaminazioni, perché ho un locale molto ampio, ma soprattutto perché nel nostro settore la pulizia è la prima cosa. A questo condizioni io non apro”.
Meno drastico e più riflessivo Gigi Crispino, titolare del ristorante Salumeria Upnea, nei pressi di piazza del Gesù, pieno centro storico di Napoli. Ma le sue conclusioni solo le stesse di Mele. “Non apro il 27, non ci sono le condizioni. Il primo problema sono i costi della consegna a domicilio. I network cui ci rivolgiamo hanno una percentuale sulle consegne molto alta, che andrà a ricadere sul cliente. Un altro problema sono queste disposizioni inutili che bisogna lavorare all’interno con le tute monouso e i copri-scarpe, oltre a guanti e mascherina. Nei nostri luoghi di lavoro la pulizia e l’igiene sono essenziali. Poi i dipendenti devono aver fatto la visita medica, non devono avere la febbre. Ma secondo queste persone, io o gli altri ristoratori, normalmente facciamo venire a lavorare le persone malate? Sono finte limitazioni, paletti fatti apposta per impedirci di aprire. Almeno diano la possibilità dell’asporto al cliente che passa dal locale”.
Da Vincenzo Sgulo, del lounge bar Fuori Orario di Aversa stesse recriminazioni. “Non c’è alcun motivo per aprire. Ho da mantenere un locale di 4.500 metri quadri e non posso farlo aprendo solo la mattina per portare un caffè, ogni tanto, dall’altra parte della strada. Organizzo serate disco la sera, ora non le posso fare, quindi l’ordinanza del presidente della Regione non è idonea ed è inutile. A queste condizioni resterò chiuso. Aspetto la prossima ordinanza”.
Eppure c’è chi, con coraggio o incoscienza, ha intenzione di tornare al lavoro. Riaprirà Vincenzo Bellavia, noto maestro pasticcere napoletano, il quale dalla pagina Facebook annuncia che “in seguito alle nuove ordinanze, da lunedì 27 aprile sarà nuovamente attivo il servizio di consegna a domicilio”. Ripartirà allo stesso modo anche Massimo Di Porzio, titolare dello storico ristorante-pizzeria Umberto di via Alabardieri a Napoli e presidente regionale della Federazione pubblici esercizi. Infine, “non vede l’ora di iniziare” la pizzeria Lievito Madre di Giugliano in Campania.