È ancora tempo di rincari in Italia per quanto riguarda i beni di prima necessità. Lo denuncia Assoutenti citando i dati del Mise che evidenziano gli effetti della guerra in Ucraina sui prezzi di alcuni prodotti di largo consumo. E i risultati, presi nel loro insieme, non rappresentano certamente una buona notizia per le famiglie italiane.
La riduzione di forniture dall’Est Europa e il rialzo generale delle quotazioni internazionali hanno influito, in particolare, sul costo di tre beni alimentari le cui materie prime sono interessate direttamente dal conflitto: pane fresco, pasta di semola di grano duro e olio di semi di girasole.

In soli due mesi il prezzo dell’olio di semi girasole è aumentato di quasi la metà: +44% sono stati riscontrati a Verona e Lodi, ma nella maggior parte delle province sono comunque intorno al 20%.
La pasta più costosa d’Italia è quella che si compra a Cagliari: 2,32 euro al chilo. Secondo posto per Ancona e Udine (2,23), terzo Ravenna (2,20), quarto per Bologna (2,18) e quinto per Genova (2,16). Tra le zone che registrano i prezzi più elevati, Modena e Bologna sono quelle che hanno subito i rincari maggiori (rispettivamente +34,2% e +33,7% su gennaio 2022). A Palermo c’è invece la pasta più conveniente: qui il prezzo si ferma a 1,46 euro al chilo. Molto più economiche del resto del Paese anche Siracusa e Cosenza (1,49), Messina (1,56 euro), Catanzaro (1,58 euro) e Reggio Calabria (1,63).
Mentre il pane più caro è a Bolzano, dove un chilo arriva fino a 6,21 euro. Poi ci sono Venezia (5,91), Ferrara (5,89), Treviso (5,08 euro) e Bologna (4,96 euro). Le province dove è meno caro sono invece Napoli (2,18 euro), Benevento (2,45 euro), Perugia (2,51 euro), Terni (2,73 euro) e Siena (2,82 euro). La differenza di prezzo tra Bolzano e Napoli, fa notare Assoutenti, è abnorme, pari al 185%.

Gli aumenti però, non riguardano solo pane, pasta e olio: come fa notare Coldiretti, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, sono saliti anche burro (+16%), pollo (+12%), verdura fresca (+12%) e uova (+9%)
Il presidente di Assoutenti Furio Truzzi ha dichiarato – “A inizio conflitto avevamo denunciato il rischio di rincari proprio per quei prodotti realizzati con materie prime di cui Russia e Ucraina sono principali esportatori. I numeri ufficiali ci danno oggi ragione: al di là dei record registrati da alcune province, gli aumenti dei prezzi di pane, pasta e olio di semi sono generalizzati e interessano tutte le città. – Truzzi sottolinea però come non sia soltanto l’aumento naturale dei costi a incidere sulle tasche dei cittadini – “Ci sono anche evidenti fenomeni speculativi, considerato che la pasta viene realizzata con il grano duro, materia prima che l’Italia non importa dai due Paesi in guerra. I consumatori italiani, quindi, hanno pagato e continuano a pagare il conto di un conflitto che ha rivoluzionato i listini del comparto alimentare, con i prezzi che una volta saliti, difficilmente torneranno ai livelli pre-guerra“, conclude Truzzi
