È difficile apportare un concreto contributo alla scienza e all’umanità quando si è in vita, figurarsi quando si è defunti da 2000 anni. La persona in questione è un ragazzo di circa 20, 25 anni e probabilmente era il custode del Collegio degli Augustali, edificio sito all’interno degli scavi archeologici di Ercolano. Sono stati ritrovati, tra i residui carbonizzati del corpo, resti vetrificati del cervello del giovane. La conservazione del tessuto cerebrale è estremamente rara e ad oggi questo è il primo caso in assoluto di ritrovamento di resti cerebrali vetrificati.
La vetrificazione è un processo che avviene attraverso un rapido riscaldamento e un altrettanto rapido raffreddamento, causando nei tessuti, in questo caso umani, la formazione di materiale vitreo. Il tremendo calore prodotto dall’eruzione del Vesuvio deve aver bruciato il grasso e i tessuti cerebrali, facendo sì in questo modo che si venissero a creare frammenti vetrificati nel cervello della vittima.
Il team fautore della scoperta è composto da antropologi e ricercatori, guidati da Pier Paolo Petrone dell’Università Federico II di Napoli, che da anni è coinvolto nello studio degli effetti prodotti dalle eruzioni del Vesuvio sul territorio e sui popoli che prima abitavano le nostre terre. Hanno preso parte allo studio anche Francesco Sirano, direttore del parco archeologico di Ercolano, Piero Pucci del Ceinge – Biotecnologie avanzate e Massimo Niola dell’Università Federico II di Napoli. Ad arricchire il già pregevole parterre di nomi, si sono aggiunti anche dei ricercatori dell’Università di Cambridge. I risultati dello studio sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine, una delle più autorevoli e diffuse riviste di medicina generale al mondo.
La sensazionale scoperta del materiale cerebrale mette in condizione gli studiosi di confrontare i resti trovati con gli altri materiali organici rinvenuti in un’altra zona del sito archeologico, il Cardo V, durante una serie di scavi nel sistema fognario. Grazie a tutti questi elementi siamo in grado di avere informazioni sul regime alimentare dell’epoca e sulle varie patologie che esistevano e di cui soffrivano gli abitanti dell’antica Herculaneum. Prova inconfutabile questa, di come la scienza sia riuscita ancora una volta a trasformare una tragedia immane in un tassello storico di inestimabile valore.
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