• Linea Politico-Editoriale
  • La Redazione
  • Registrati
  • Termini e Condizioni
  • Contattaci
  • Lavora con noi
  • Pubblicità
  • Privacy Policy
  • Trattamento Dati
  • Entra
Il Crivello
  • Politica
  • Cronaca
    • Napoli
    • Caserta
    • Salerno
    • Benevento
    • Avellino
  • Inchieste
  • Economia
  • Società
  • Scuola
  • Cultura
    • Letture
    • Arte
    • Fumetti
  • Spettacoli
    • Musica
    • Teatro
    • Cinema
    • Televisione
  • Sport
  • Rubriche
    • LeggiAmo
    • Tech & Digital
    • Salute e Benessere
    • Architettura
    • Nutrizione
  • Registrati
Nessun risultato
Visualizza tutti i risultati
  • Politica
  • Cronaca
    • Napoli
    • Caserta
    • Salerno
    • Benevento
    • Avellino
  • Inchieste
  • Economia
  • Società
  • Scuola
  • Cultura
    • Letture
    • Arte
    • Fumetti
  • Spettacoli
    • Musica
    • Teatro
    • Cinema
    • Televisione
  • Sport
  • Rubriche
    • LeggiAmo
    • Tech & Digital
    • Salute e Benessere
    • Architettura
    • Nutrizione
  • Registrati
Nessun risultato
Visualizza tutti i risultati
Il Crivello
Nessun risultato
Visualizza tutti i risultati
Home Inchieste

Smart working: opportunità, limiti e problematiche del lavoro agile

Giuseppe Cerreto di Giuseppe Cerreto
18 Maggio 2020
in Inchieste, Società
Smart working

Durante il lockdown, in Italia un lavoratore su tre si è dovuto fermare del tutto. Secondo l’Istat sono stati 7,3 milioni i lavoratori rimasti completamente inattivi, il 31% del totale. Nel frattempo, quelli che hanno continuato a lavorare da casa sono stati quasi 4 milioni, con un trend in continua crescita. Senza questa alternativa, a causa del distanziamento sociale, interi settori dell’economia sarebbero falliti del tutto. Lo smart working è entrato così di prepotenza nella quotidianità e ha dimostrato di funzionare, anche se con alcuni intoppi, per la Pubblica amministrazione, per la didattica a distanza, per il terziario avanzato e per le aziende in rete. Tra i suoi vantaggi ci sono sicuramente una gestione migliore del tempo e un aumento della produttività, ma soprattutto la possibilità di poter lavorare da casa anche se distanti dal luogo di lavoro. Dal punto di vista dei profitti le imprese ci hanno sicuramente guadagnato, grazie ai grossi risparmi sulle spese e sui costi di gestione aziendale, sui rimborsi, sulle trasferte e sui buoni pasto. Si sono azzerati anche i giorni di assenza e di malattia. La nuova modalità di organizzazione del lavoro ha però toccato la sfera personale e sociale dei lavoratori, non sempre con esiti positivi.

Mano a mano che entreremo nel pieno della fase 2, con l’allentamento delle misure di lockdown, a doversi reinventare sarà soprattutto il lavoro in ufficio. Lo smart working sta già modificando i piani di investimento e di intervento delle aziende, impegnate a ridisegnare gli spazi lavorativi nel rispetto dei nuovi standard di sicurezza. L’emergenza epidemiologica ha reso obbligatorio un aggiornamento della concezione del luogo di lavoro: gli uffici dovranno essere spaziosi e ariosi, accoglienti e provvisti di tutti i servizi, dovranno garantire ampi spazi per il co-working poiché la “connessione umana” resterà un fattore imprescindibile. Secondo i ricercatori della Stanford University ritrovarsi faccia a faccia è fondamentale per sviluppare nuove idee. Lo studio dell’università californiana ha infatti dimostrato che i lavoratori da remoto possono essere più efficienti, a patto che si verifichino due condizioni: che il lavoro da casa sia su base volontaria e che almeno una volta a settimana ci si ritrovi in ufficio a discutere dei programmi aziendali. Il face to face resta dunque una modalità essenziale per lo sviluppo di nuove idee e per mantenere alta la concentrazione e la motivazione nei lavoratori. Lo smart working chiuso tra le mura domestiche comporterebbe viceversa il rischio di un appiattimento delle idee, sancendo un tracollo dell’innovazione e della creatività. Il classico sistema piramidale nei rapporti di lavoro, che impedisce la crescita e lo scambio di conoscenze, deve trasformarsi in rapporto di collaborazione: umanizzazione e orizzontalizzazione del lavoro, per i ricercatori americani, rappresenterebbero i punti basilari dello sviluppo.

Secondo un’indagine condotta dalla società di studi sul lavoro Izi una buona fetta di lavoratori smart con famiglia a carico avrebbe espresso apprezzamento sul lavoro da casa grazie alla possibilità di poter passare più tempo con i familiari. Ma il telelavoro ha anche comportato un aumento considerevole della mole di lavoro. Il 23% degli smart workers ha infatti dichiarato di non staccare mai, poiché l’ambiente domestico non delimita sufficientemente gli orari lavorativi. Inoltre, per chi lavora da casa e non è solo (il 15%) risulta difficile trovare la serenità e la concentrazione necessaria per svolgere in tranquillità la propria attività. Dopo due mesi di lockdown tanti lavoratori sono rimasti incollati 24 ore su 24 a uno schermo, al punto che la reperibilità continua sta trasformando lo smart working in una vera e propria fabbrica di alienati. Se si continuerà ad andare avanti con questi ritmi, le aziende dovranno stabilire con dipendenti e collaboratori regole chiare sulla disponibilità e sulla reperibilità.

Svolgere l’attività lavorativa da casa, nell’attesa dell’adeguamento degli spazi di lavoro, costituirà in ogni caso l’opzione da privilegiare anche durante gli inizi della fase 2, così come stabilito dal protocollo siglato tra il ministero del Lavoro e le parti sociali. L’intesa ricorda che deve essere il datore di lavoro a fornire adeguate condizioni di supporto al dipendente per quel che riguarda l’utilizzo dei dispositivi, i tempi e le pause dell’attività. Per il settore pubblico, invece, il lavoro agile è stato regolato dal decreto legge 18/2020 in base al quale lo smart working viene riconosciuto come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nella Pubblica amministrazione fino al superamento dell’emergenza.

Bisogna specificare però che lo smart working è una tipologia di lavoro nata per mansioni e professioni specifiche, come professionisti e freelance, per aziende “illuminate” e per realtà sufficientemente elastiche. Non si tratta di una modalità adatta a tutte le esigenze e prestazioni di lavoro, e soprattutto è stata sviluppata non come metodologia lavorativa unica bensì integrativa, di accompagnamento al lavoro tradizionale, da svolgersi in tempi brevi e limitati. Le prime inchieste condotte sull’argomento dal Wall Street Journal e da Bloomberg hanno rivelato che negli Stati Uniti i lavoratori hanno lavorato in media tre ore in più al giorno rispetto ai normali orari lavorativi, con conseguenti problemi di stress, ansia e affaticamento. Lo stesso problema sta sorgendo anche per gli smart workers italiani così come rivelato da un’inchiesta de la Repubblica.

È sui diritti dei lavoratori smart che si gioca la partita tra aziende e parti sociali: al centro della discussione ci sarebbero le problematiche legate agli orari di lavoro, ai buoni pasto e al diritto alla disconnessione. Gli strumenti utilizzati dallo smart worker per prestare la propria attività lavorativa, permettendo una reperibilità continua, rischiano di compromettere il bilanciamento tra vita professionale e vita privata. Datore e prestatore di lavoro possono stabilire che la prestazione lavorativa non debba avere precisi vincoli di luogo e orario, a patto che la durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale non superi i limiti fissati dalla legge e dalla contrattazione collettiva nazionale. Nell’accordo tra le parti devono essere previsti i tempi di riposo, i periodi di ferie, i casi di assenza legittima e le misure affinché il lavoratore possa interrompere, al di fuori dell’orario di lavoro, i collegamenti informatici sulla base di quelle che sono le prescrizioni sancite dalla legge 81/2017 a tutela del lavoro autonomo e subordinato. L’interessamento delle parti sociali per il diritto alla disconnessione è dovuto al fatto che il lavoratore a cui non sia consentito esercitarlo sarebbe esposto al rischio di sindrome da stress tecnologico, riconosciuta come malattia professionale in seguito a una sentenza emessa dal Tribunale di Torino. Secondo l‘articolo 2087 del codice civile volto alla tutela delle condizioni di lavoro, il datore è tenuto a salvaguardare l’integrità fisica e la personalità morale del prestatore di lavoro agile. Lo scorso 13 maggio è intervenuto sul tema anche il Garante della privacy che, durante un’audizione in Parlamento, ha ribadito la necessità di assicurare la separazione tra vita privata e attività lavorativa. Non sarebbe legittimo infatti esercitare un monitoraggio sistematico e pervasivo dell’attività compiuta dal dipendente. Una nuova legge sullo smart working, che ritocchi e integri quella già esistente, resta tuttavia necessaria per elevare il diritto alla disconnessione quale principio per tutti i contratti di lavoro, non solo per quelli che lo abbiano già stabilito.

Altro aspetto fondamentale ma poco dibattuto sullo smart working è quello della cybersicurezza. Tre dipendenti italiani su quattro alle prese con il telelavoro (il 73%) sono da considerarsi a rischio hackeraggio, in quanto non hanno mai ricevuto una formazione adeguata per proteggersi dalle insidie della rete. A rivelare il dato preoccupante è l’ultimo rapporto pubblicato dalla Kaspersky: secondo la società di sicurezza informatica quasi un quarto dei dipendenti italiani on-line (il 24%) ha già ricevuto e-mail di phishing a tema Covid-19. Il download inconsapevole di contenuti malevoli può portare all’infezione dei dispositivi informatici, alla compromissione dei dati aziendali e dei rispettivi siti web. In questi due mesi è inoltre aumentato l’utilizzo di servizi on-line a rischio come le app per le videoconferenze, la messaggistica istantanea o l’archiviazione dei file. Altro problema rilevante concernerebbe i rischi per la privacy di molti dipendenti che verrebbe messa in pericolo da alcuni software aziendali. Tool come Sneek che vengono utilizzati per le videocall, possono essere controllati in remoto dalle aziende e sono capaci di attivare in autonomia le webcam delle apparecchiature dei dipendenti. Grazie a questo controllo i datori di lavoro possono assicurarsi che i lavoratori non si allontanino dalla postazione, esattamente come una sorta di occhio del Grande fratello. Il dato preoccupante è che già oltre diecimila aziende in tutto il mondo utilizzano questo sistema di controllo dei propri dipendenti.

Per quanto lo smart working possa sembrare qualcosa di poco rischioso, in realtà nasconde diverse insidie anche per la salute: troppe ore passate davanti a uno schermo, oltre a generare stress, possono affaticare notevolmente la vista al punto da aggravare miopia e astigmatismo. Durante il periodo di quarantena a rimetterci sono stati soprattutto gli occhi che, continuamente sotto sforzo, sono stati sovraccaricati di lavoro in vicinanza, perdendo l’abitudine di guardare lontano. Restare davanti a uno schermo per troppe ore in un ambiente poco illuminato, come può essere quello domestico, aumenta i disturbi refrattivi dell’occhio, acuendo i sintomi di stanchezza oculare. I fastidi più comuni sono lacrimazione, bruciore agli occhi e mal di testa. La comparsa di questi disturbi può rappresentare un campanello d’allarme. La soluzione, secondo gli specialisti, è quella di staccare ogni tanto gli occhi dal monitor del pc e di guardare fuori dalla finestra, oltre all’utilizzo di specifici lubrificanti oculari che riducono le irritazioni causate dalla sovraesposizione alla luce artificiale. Altre problematiche da non sottovalutare sono i disturbi posturali causati dalle ore passate davanti al pc, o ancora l’atrofizzazione degli arti inferiori, l’aumento di peso, l’epicondilite laterale (o “gomito del tennista”) e la carenza di vitamina D.

Se da un lato lo smart working ha contribuito a ridurre drasticamente l’inquinamento generato dai mezzi di trasporto utilizzati per recarsi a lavoro, non ha tuttavia azzerato l’impatto ambientale. Secondo uno studio condotto dall’Università di Harvard il consumo di energia legato al funzionamento di internet sta letteralmente esplodendo: ogni ricerca sul web sarebbe responsabile dell’emissione nell’atmosfera di 7 grammi di Co2; spedire un’e-mail costerebbe invece 4 grammi di Co2 e assorbirebbe 25 wattora, il consumo di una lampadina accesa per due ore; ogni secondo di navigazione in internet produrrebbe 0,2 grammi di anidride carbonica al secondo mentre un’ora di video in streaming equivarrebbe al consumo giornaliero di un frigorifero. La colpa va ricondotta senza dubbio ai combustibili fossili utilizzati per produrre l’energia elettrica necessaria al funzionamento di pc, monitor, data center, server e apparecchiature di rete. Secondo Greenpeace, entro quest’anno internet diventerà il più grande consumatore globale di energia, l’equivalente dei consumi di Francia, Germania, Canada e Brasile messi insieme. A finire sotto l’accusa degli ambientalisti sono i colossi del web come Facebook e Google ritenuti responsabili della costruzione di grandi centri di elaborazione dati che consumano enormi quantità di energia. Sempre secondo l’ong multinazionali come Apple e Amazon utilizzano energia ricavata da combustibili fossili, immettendo così nell’atmosfera ingenti quantità di gas serra che contribuiscono al surriscaldamento globale. In controtendenza Microsoft che nell’ultimo biennio ha investito sull’utilizzo di energie provenienti da fonti rinnovabili. Sulle problematiche legate all’inquinamento prodotto dalle nuove tecnologie è intervenuto anche il Wwf che ha ricordato che la salvezza del pianeta passa attraverso un cambiamento radicale dei comportamenti umani: il risparmio energetico sarà cruciale nei prossimi anni, e per diminuire i consumi occorrerà ripensare lavori, tecnologie e abitudini digitali.

Il quadro in Campania, per quanto riguarda lo smart working, consegna una situazione in divenire. Soprattutto a Napoli, esistono diverse realtà che hanno scelto il lavoro agile come strategia aziendale per superare questo periodo di emergenza: la nuova modalità di lavoro si sta trasformando da necessità in opportunità di crescita. La Pubblica amministrazione, il mondo dell’editoria, quello dell’informazione e i servizi legati al terzo settore sono stati i primi a sperimentare questa nuova organizzazione del lavoro. Già nel 2017 la Regione Campania aveva dato il via al progetto “Lavoro agile per il futuro della Pubblica amministrazione” con l’obiettivo di sperimentare pratiche innovative per la conciliazione della vita e del lavoro nelle amministrazioni pubbliche. Il progetto, che avrebbe garantito migliori condizioni di efficienza negli uffici pubblici, non ha sempre trovato applicazioni effettive presso gli Enti locali, che si sono dimostrati poco orientati a investire nel lavoro agile e nell’informatizzazione dei servizi. Il Comune di Napoli, nel recepire le indicazioni regionali e la normativa nazionale, ha avviato lo scorso anno la sperimentazione del lavoro agile per i dipendenti comunali. La misura si è poi concretizzata quest’anno con la delibera del 5 marzo 2020 attraverso la quale il Comune si è munito degli strumenti necessari per fronteggiare l’emergenza epidemiologica senza bloccare la macchina amministrativa.

 

Segui già la pagina Facebook Il Crivello.it?

Tags: campaniaGreenpeaceinquinamentoNapoliwwf
Condividi131InviaTweet
Articolo precedente

Frattamaggiore, spaccio di droga: due arresti in via Rossini

Articolo successivo

Torre Annunziata, soffocato da un pezzo di patatina: bimbo di un anno e mezzo salvato da poliziotti

Articolo successivo
torre annunziata bambino

Torre Annunziata, soffocato da un pezzo di patatina: bimbo di un anno e mezzo salvato da poliziotti

Facebook Instagram Youtube Twitter LinkedIn
Il Crivello

Strumento di informazione puntuale, orientato dalla parte dei cittadini e delle associazioni, di quel tessuto sociale che non sempre ha “voce” e, spesso, trova difficoltà ad esprimersi.

Archivi

Link Utili

  • Linea Politico-Editoriale
  • La Redazione
  • Registrati
  • Entra e Invia una notizia
  • Termini e Condizioni
  • Contattaci
  • Lavora con noi
  • Per la tua pubblicità
  • Privacy Policy
  • Trattamento dati personali

© 2021 Il Crivello - Tutti i diritti riservati

Nessun risultato
Visualizza tutti i risultati
  • Politica
  • Cronaca
    • Napoli
    • Caserta
    • Salerno
    • Benevento
    • Avellino
  • Inchieste
  • Economia
  • Società
  • Scuola
  • Cultura
    • Letture
    • Arte
    • Fumetti
  • Spettacoli
    • Musica
    • Teatro
    • Cinema
    • Televisione
  • Sport
  • Rubriche
    • LeggiAmo
    • Tech & Digital
    • Salute e Benessere
    • Architettura
    • Nutrizione
  • Registrati

© 2021 Il Crivello - Tutti i diritti riservati

Questo sito Web utilizza i cookie. Continuando a utilizzare questo sito Web, acconsenti all'utilizzo dei cookie. Visita la nostra Privacy Policy.