Una strage silenziosa si starebbe consumando in questi giorni lungo le strade del centro storico di Orta di Atella, scatenando l’ira e l’indignazione di tanti cittadini e di tutti coloro che amano o possiedono animali domestici. Almeno cinque gatti sarebbero stati barbaramente uccisi con del veleno mentre altri verserebbero in condizioni gravi. A denunciare questa bruttissima storia di crudeltà e di sevizie ai danni dei poveri animali è stato un cittadino ortese il quale ha rinvenuto i corpi senza vita dei felini nei pressi di Piazzetta del Rosario, alle spalle della Chiesa di San Massimo. Quanto accaduto ha fatto sprofondare le persone nella rabbia e nello sconforto, costrette ad assistere, impotenti e con il cuore a pezzi, all’agonia delle piccole bestiole. Una vera e propria “carneficina” quella avvenuta in questi giorni lungo le strade della città atellana, che ha scaturito un sentimento di orrore che può comprendere solamente chi davvero ama gli animali e condivide con loro la propria quotidianità. Di fronte a tanta cattiveria qualsiasi persona con un briciolo di coscienza e di empatia non può che rimanere disgustata. Per fortuna, però, c’è anche chi non ha voltato la faccia e ha avuto il coraggio di denunciare pubblicamente tutta questa crudeltà.
Ancora una volta, purtroppo, sono i nostri amici a quattro zampe ad avere la peggio, vittime innocenti di quel cinismo e di quella cattiveria che solo gli esseri umani sono in grado di provare. Non sarebbe pertanto da escludere che a uccidere i cinque gattini possano essere state delle esche avvelenate piazzate da qualcuno allo scopo di sopprimerli vigliaccamente, pensando di restare impunito. Episodi come questo si sono già verificati in passato sempre con l’avvelenamento di cani e di gatti, anche di proprietà, scatenando la rabbia e la disperazione dei padroni. Chi si macchia di gesti così riprovevoli non può essere in alcun modo giustificato o considerato un “essere umano”, ed è sicuramente afflitto da una mentalità distorta, che non ha alcun rispetto verso gli altri esseri viventi che condividono con noi la loro esistenza sulla terra, donandoci affetto e amore incondizionato senza chiedere nulla in cambio. Eppure il felino domestico non ha mai arrecato danni alla comunità; al contrario è considerato un animale utilissimo poiché tiene lontani topi e roditori, possibili vettori di malattie. Non a caso le colonie feline, regolarmente segnalate alle Asl territoriali e registrate presso l’anagrafe canina, vengono tutelate dalla Legge numero 281 del 14 agosto del 1981 vigente in materia di regolamentazione e prevenzione del “randagismo”.

Fin dall’antichità i gatti venivano apprezzati dalle grandi civiltà del passato. Nati come animali selvatici originari dell’Africa, il loro “addomesticamento” risalirebbe intorno al 7500 a.C. presso le prime civiltà mesopotamiche che li elessero a “guardiani del granaio”. Per gli Egizi il gatto rappresentava la personificazione della dea Bastet, simbolo di fecondità, protettrice del focolare domestico, dei bambini e dell’amore materno. Gli archeologi hanno scoperto che nell’Antico Egitto i gatti venivano addirittura seppelliti e mummificati assieme ai propri padroni in quanto considerati protettori dei defunti. I gatti, che già popolavano le coste del Mediterraneo orientale, approdarono in Europa solo nel 1200 a.C. grazie ai Fenici che li trasportavano a bordo delle loro navi per tenere lontani i ratti. A rimanere affascinati dall’eleganza di questo piccolo felino esotico furono prima i Greci: lo scrittore Aristofane narra come nell’Antica Grecia nacque una vera e propria “moda” del gatto, con tanto di mercati dove si potevano acquistare. Ma a coltivare una profonda passione per i piccoli felini furono soprattutto i Romani, presso i quali divennero simbolo di prestigio e di potere per le nobili famiglie patrizie.
Anche presso le civiltà islamiche il gatto ricoprì un ruolo positivo in quanto salvò Maometto dal morso di una vipera ed è l’unico animale al quale è concesso entrare in moschea. Solo a partire dal Medioevo, purtroppo, i gatti iniziarono a essere vittime di pregiudizi, discriminazioni e persecuzioni poiché venivano associati, nell’immaginario del tempo, a creature “demoniache” portatrici di sventura. Addirittura le povere bestiole venivano rinchiuse in gabbia e a migliaia venivano bruciate vive assieme alle donne accusate di stregoneria. Questa falsa credenza costò molto caro al genere umano: la decimazione dei felini provocò in Europa una grande proliferazione di ratti e di roditori i quali agevolarono la diffusione delle epidemie di peste. Ciò dimostra come nella lotta tra l’uomo e la natura vince sempre quest’ultima se le azioni dell’uomo sono dettate dall’ignoranza. Tali preconcetti nei confronti dei gatti, a distanza di secoli, sono ancora oggi radicati in mentalità spesso retrograde. La riscoperta e la rivalorizzazione dei felini avvenne solamente nel Rinascimento, quando venne nuovamente considerato un animale nobile, mentre durante il Romanticismo iniziò ad essere venerato da scrittori, poeti e letterati tra cui Baudelaire, Poe e Lovecraft per la sua natura mistica e misterica. In molte culture orientali, infine, il piccolo felino domestico è considerato simbolo di fortuna e di buon augurio.

Tornando ai giorni nostri e alle povere bestiole trovate morte a Orta di Atella, è probabile che a ucciderle sia stata qualche sostanza velenosa aggiunta a della carne macinata o a delle scatolette piazzate in diversi punti del centro storico. Per ridurre i gatti in fin di vita potrebbero essere state utilizzate metaldeide o formaldeide, sostanze molto comuni presenti nei battericidi e nei disinfettanti, oltre a essere utilizzate per il trattamento del legno e per l’imbalsamazione dei cadaveri. Se ingerite, tali sostanze tossiche, possono causare nell’animale spasmi terribili, convulsioni atroci, vomito, schiuma alla bocca, difficoltà motorie fino al sopraggiungimento, nel giro di pochi minuti, della morte per soffocamento. Qualora queste sostanze dovessero ancora trovarsi in circolazione, rappresenterebbero non solo un pericolo per altri cani, gatti e uccelli, ma metterebbero a repentaglio anche la salute dei bambini che rischierebbero l’avvelenamento. La formaldeide, più comunemente nota come “formalina”, è stata inserita dall’Associazione Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) tra i composti considerati cancerogeni: la sua ingestione o inalazione può avere effetti letali per l’uomo. La metaldeide, invece, è un composto chimico usato come pesticida o come combustibile. A causa delle crescenti preoccupazioni sugli effetti nocivi per la salute, l’utilizzo della metaldeide è vietato in alcuni Paesi europei.
Ogni qualvolta si verifichino casi sospetti come quelli appena descritti, l’Ente nazionale protezione animali (Enpa) consiglia ai cittadini di rivolgersi alle Autorità competenti per denunciare l’accaduto, così da accertare le cause del decesso dei mammiferi e di punire contestualmente i colpevoli. È utile ricordare che il maltrattamento di animali è punito dagli articoli 554 bis e ter del codice penale: chi si rende protagonista di tali crimini è sanzionabile con una multa che va dai 5.000 ai 30.000 euro ed è punibile con la reclusione dai tre ai diciotto mesi. Per chi provoca invece la morte degli animali con crudeltà e senza alcun motivo valido è prevista la reclusione dai quattro mesi ai due anni di carcere. Chi compie crimini e violenze contro gli animali non deve passarla liscia. Chiunque sappia qualcosa o possa essere d’aiuto nell’individuare i responsabili può sempre denunciare in forma anonima. Azioni così crudeli e atroci contro i nostri amici a quattro zampe non possono restare impunite: il grado di civiltà degli esseri umani si misura anche nel modo in cui vengono trattati gli animali.

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