L’arte della cucina giapponese ha conquistato il mondo intero grazie alla sua varietà di piatti unici e squisitamente preparati. Tra questi, il sushi è uno dei più amati. Un piatto gustoso e saporito, a base di pesce crudo e riso, è diventato un must per le cene speciali in tutto il mondo. Eppure c’è un dato che mette a repentaglio la sua genuinità: il 55% del Sushi oggi in commercio è “taroccato”, cioè falso, non confacente agli standard di qualità.

Come garantire e conciliare, allora, originalità, qualità e tradizione del Sushi nel rapporto tra Italia e Giappone? Per questo scopo è nato un Ente di certificazione, con sede a Venezia, che ha lo specifico compito di definire la reale provenienza giapponese del Sushi. Si tratta di una sorta di “patente di qualità” che riduce le distanze tra Sol Levante e Stivale e che risulta valida per tutto il mondo. Un’azione che dovrebbe essere pronta entro l’anno 2023 e che e permetterà quindi di riconoscere il Sushi vero, cioè “il Sushi doc”, anti-imposture e anti-contraffazione, rispetto a quello falso.
Giuseppe Izzo, Ceo di Uese Italia SPA, la società veneta che ha ricevuto l’incarico di certificare quando definire davvero giapponese il sushi, afferma: “La norma Uni Cei En Iso/IEec 17024:2012 obbliga di attestare se una determinata persona, valutata da una terza parte indipendente secondo regole prestabilite, possegga i requisiti necessari e sufficienti per operare con competenza e professionalità in un determinato settore di attività come quello della preparazione del sushi. Uno dei principali vantaggi per le organizzazioni (ristoranti, negozi e così via), è quello di garantire le competenze vantate da parte del professionista. La loro certificazione, permetterà di creare un sistema unico che faciliterà anche il riconoscimento tra professionisti di nazionalità diverse. Saremo noi a definire le regole e i requisiti degli esperti del settore e a certificare i vari processi di lavorazione. Tutto questo sarà attivo entro quest’anno (2023) e saremo in grado finalmente di riconoscere il vero sushi, il sushi doc“.

Un processo, quello della certificazione, che utilizzerà come partner le piattaforme Tatatu e Chilli. Queste avranno il compito di diffondere, in Italia e nel resto del mondo, un documentario sul tema. Giovanni Franchini, Ceo di Emy Productions che lo realizzerà, racconta: “La serie avrà 36 puntate della durata di 50 minuti e il suo scopo sarà quello di portare alla luce la storia del sushi e non solo. Anche di far scoprire la tradizione culinaria giapponese e la sua contaminazione con quella italiana.”
Nel frattempo, a partire dai primi mesi dello scorso anno, la crescita del consumo del pesce a livello globale congiuntamente al deprezzamento dello yen e le criticità causate dalla guerra in Ucraina hanno costretto le grandi catene giapponesi del Sushi ad aumentare i prezzi al consumo per assorbire il rialzo dei costi di approvvigionamento. Tant’è che i ristoranti dei ‘Kaiten-sushi’ – dove in genere i piatti già preparati passano su un nastro trasportatore – fanno ormai fatica a garantire la porzione da 100 yen (0,70 euro) che da decenni rappresenta lo standard della qualità a prezzi accessibili e convenienti.

Per esempio, una delle principali catene presenti in Giappone, la Sushiro, ha annunciato sempre a maggio d’esser costretta ad abolire l’offerta da 100 yen, a partire dalla fine di settembre, per la prima volta dal 1984, applicando una maggiorazione di 20 yen sul piattino che generalmente contiene due porzioni di pesce con il riso assemblate dallo ‘Itamae’, lo chef specializzato nelle varie composizioni. Il gruppo importa gran parte del pesce che offre nei suoi ristoranti, e la repentina svalutazione dello yen, ai minimi in 20 anni sul dollaro, incide ormai da mesi sui margini del gruppo. Stesso discorso per la catena Genrokuzushi, la prima ad aver introdotto il concetto di Kaiten-sushi in Giappone, e che ha già applicato una maggiorazione dallo scorso 10 maggio.
