Si sta rivelando un vero e proprio terremoto giudiziario la maxi-indagine “Penelope”, portata avanti dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord tra i ranghi dell’Asl di Caserta. Sono ben 79 le persone coinvolte, tra funzionari e dipendenti, accusate a vario titolo di associazione per delinquere, falso, ricettazione, corruzione, truffa, traffico illecito di influenze e turbata libertà degli incanti. Dodici di queste, nelle prime ore del mattino, sono state poste agli arresti domiciliari dai carabinieri del Nas, mentre per altre sei sono scattate misure interdittive. A carico di molti, inoltre, i militari hanno operato sequestri dal valore complessivo di un milione e mezzo di euro. Figurerebbe anche il presidente del consiglio regionale della Campania Gennaro Oliviero, tra le persone indagate. Secondo quanto si apprende, all’esponente politico verrebbe contestato il reato di traffico influenze in relazione a un singolo episodio. Lo stesso Oliviero ha commentato a caldo sul suo profilo Facebook: “Apprendo dagli organi di stampa – ha scritto – di un’indagine a mio carico. Ho piena fiducia nella magistratura e sono a completa disposizione per chiarire al più presto la mia estraneità ai fatti“.
Le misure odierne sono maturate nel corso della stessa indagine che, lo scorso novembre, aveva già portato ad accusare altri 22 dipendenti per la truffa del cartellino grazie ad alcune intercettazioni telefoniche. Quello stesso filone d’inchiesta ha rivelato un sistema di affidamento di lavori di ristrutturazione a ditte compiacenti in cambio di somme di denaro, portato avanti dal Dipartimento di salute mentale. Analoghe modalità di regalie e assegnazioni di favore erano utilizzate per affidare i servizi del 118 a un’associazione di volontariato. In una rete di falsi e abusi sarebbero finiti, secondo la Procura, anche diversi pazienti psichiatrici, affidati in cura presso enti esterni convenzionati senza una regolare valutazione dei piani terapeutici da parte degli organi preposti.
Alcune di queste strutture private, intestate a prestanome, sarebbero state gestite in modo occulto da funzionari della stessa Asl. Proprio sull’azienda sanitaria locale ricadeva l’onere economico di sostentamento dei pazienti gestiti da queste strutture esterne. Altro sistema rilevato dalla Procura per mettere le mani su soldi pubblici era la creazione di progetti per la cura delle “fasce deboli”, finanziati ma mai realmente attuati. Sotto la lente d’ingrandimento sono finiti anche gli affidamenti di incarichi dirigenziali e legali nella struttura interna dell’Asl, per cui si ipotizza un traffico di influenze illecite, l’acquisto di beni a uso privato con soldi pubblici e, nuovamente, assenze ingiustificate dal posto di lavoro.

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