Dal 6 all’8 marzo, la compagnia teatrale Leviedelfool metterà in scena presso la Sala Ichòs di San Giovanni a Teduccio lo spettacolo “Yorick unplugged”, liberamente ispirato all’Amleto di William Shakespeare. La pièce teatrale, scritta, diretta e interpretata da Simone Perinelli, accompagnata dalle musiche originali di Massimiliano Setti e dal violoncello di Luca Tilli, riprende l’essenza del dramma shakespeariano per offrire allo spettatore un punto di vista inedito e originale: Yorick, quello che fu il giullare di corte, ricordo spensierato e vivido dell’infanzia di Amleto, da presenza spettrale prende vita sulla scena, diventando occhio impietoso sul senso folle della vita.
Siamo nel cuore dell’atto V, scena I. Mentre i becchini stanno scavando la fossa per Ophelia, lasciatasi annegare in un corso d’acqua per il precipitare degli eventi alla corte di Elsinore, emergono dal sottosuolo i resti che un tempo appartennero a Yorick. Ed è esattamente a questo punto della tragedia shakespeariana che la rappresentazione teatrale di Setti prende forma, restituendo a quelle ossa senza vita un’anima e un corpo. Risvegliato dal lungo sonno, il “buffone” di corte, assiste dal sottosuolo allo spettacolo sull’ineluttabilità dell’esistenza che si sta svolgendo sopra di lui: e se la morte non fosse altro che un punto di vista differente sulla follia della vita? Un punto di vista che nessuno tra i vivi potrebbe mai assumere, ed è proprio qui che risiede la genialità dell’opera.
Se è vero che il sottosuolo si nutre dei drammi che i protagonisti dell’Amleto si portano in superficie, è anche vero che esso non è più il luogo dell’annullamento dell’anima bensì uno spazio che, incomprensibile dalla ragione umana, si addentra nei meandri più cupi del sogno e dell’immaginazione e, tuffandosi nelle acque dell’abisso della mente umana, scopre la quintessenza della follia. E chi, meglio degli eroi shakespeariani, può offrire un quadro così nitido su cosa significhi abbandonarsi alla follia? La follia diventa il motore stesso della vita umana, una forza potente e irrazionale, che stravolge l’esistenza annullandola e ricreandola all’infinito. Il filosofo francese Michael Foucault, riteneva infatti che la follia, in quanto sentimento opposto alla ragione, non fosse una malattia bensì una delle forme più alte e tragiche dell’esistenza umana: “Dall’uomo all’uomo vero il cammino passa attraverso l’uomo folle”.
Ed è su questa follia che si focalizza lo sguardo ironico e malinconico del “povero Yorick”. Una follia che la psicanalisi e la psichiatria hanno tentato di rinchiudere in manicomi e ospedali psichiatrici, e che riacquista libertà grazie al teatro, alla letteratura, all’arte, alla filosofia, a tutte quelle forme del genio umano che l’hanno sfiorata, accarezzata, vissuta. Solo chi ha il coraggio di affrontare il proprio destino tragico in mare aperto, siano essi eroi, poeti o immigrati clandestini, può essere definito un “folle”, colui che ci trascina nel fondo inesplorato della coscienza umana, pura, originale, senza filtri, offrendoci una visione nuova sulla vita, l’unica visione che con un filo sottile di ironia è capace di esorcizzare persino la morte.
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