Se ne impara sempre qualcuna nuova. Sere fa accendo il televisore e sento il Bravo giornalista che, con la consueta austerità ben consona alla gravità del momento e alla congiuntura, legge: “Il presidente del Consiglio dei ministri onorevole Taldeitali… s’è recato stamani a colloquio dal presidente della Repubblica… per relazionare sull’eventualità di trovare al Senato una pattuglia di soccorritori che possa supportare il suo governo cui, come è noto, si tende agguato da più parti”. Ecco una cosa che mi risulta assolutamente nuova: non sapevo che in Italia esistesse la figura parlamentare del soccorritore, di cui pure è, forse, apprezzabile l’innovazione etico-morale. Ormai, non mi meraviglio più di niente. Abbiamo in provincia di Padova un assessorato alla Solitudine, migliaia di operai disoccupati cui si chiude, senza motivi razionali l’unica fonte di guadagno, musicisti di talento costretti a lavorare come rider, per essere magari stroncati da un infarto nel bel mezzo di una missione, in una giornata funesta e piovosa. Abbiamo un nuovo Matteo che tenta di picconare il suo stesso governo. In tempi di decisioni epocali, ma per il bene della democrazia, beninteso. La televisione di Stato, dopo il grande successo de Il collegio, minaccia di mandare in onda un format chiamato La caserma, prodromo alla strutturazione di un nuovo geniale contenitore chiamato Il bagno pubblico, commentatore d’eccezione il fantasma di George Michael. Possiamo ben avere, dunque, i costruttori o soccorritori come dir si voglia.
In tempi di clausura forzata, che ormai dura da un anno circa, la mente tende a evadere, è ben noto. Così, questa epifania fantastica ha condotto la mia mente contorta e provata dalla solitudine a sconcertanti libere associazioni. Ammetto, nel profondo e con un moto intimo di pudore, di trovare ammirevole che questa pattuglia di alleati, coesi come un’aspic tremola, riesca a coniugare, nella gestione della cosa pubblica, la geniale solida e consolatoria costruzione a finale chiuso (happy ending) dei film di fantascienza americana o delle saghe western di cui si sono impastati i nostri sogni di giovani del Ventesimo secolo. Ecco, quindi, alcuni scenari possibili per la crisi di governo.
La carrozza logora e traballante del governo, invasa dalla polvere dell’epidemia e sferzata dalla pioggia di decisioni ultimative cui è chiamata, avanza vibrando pericolosamente nella piazza di palazzo Chigi. Il premier senza mascherina regge con gesto vezzoso ma virile assieme un ombrellino ricamato per proteggersi dai colpi del maledetto toscano, gli alleati di governo si reggono forte alla loro ultima occasione di ristoro parlamentare e tutti assieme, come i coloni inseguiti dagli apache, attendono l’arrivo della cavalleria dei soccorritori, sagacemente guidati da zombi della Prima Repubblica invulnerabili ed eterni come il conte dei Carpazi, i corpi decomposti, la pelle sfilacciata, ma la mente ancora perfettamente lucida e diabolicamente congiurante. Il lieto fine è prossimo. I malvagi sabotatori dell’ordine del responsabile piano terapeutico, sorpresi alle spalle dalle orde dei soccorritori, stanno per reinfilarsi al volo nella stagecoach, quando il simulacro dell’ultimo cavaliere, mettendo a rischio gli ultimi vent’anni di plastica facciale, emette un peto fragoroso e chiama a consesso alleati vecchi e nuovi e veline, senza accorgersi della confusione mentale prostrante in cui è caduto. Il caos impera, alla conta manca un unico deputato transfuga. Dal Quirinale, una voce olimpica tuona ammonimenti di cautela e saggia moderazione: il giovanissimo onorevole che ha già intascato il bonus di gennaio, parlotta in privato col presidente della camera, il cui viso si distende in un sorriso leonardesco. La pattuglia dei cospiratori abbandona l’aula un attimo prima della disfatta. I toscani si denudano di abiti e beni materiali e si dedicano con gratificazione somma al veganesimo e alla pastorizia, cui sono stati sottratti indebitamente. Il sistema regge, mentre tra gli scranni del Senato nuove alleanze inimmaginabili e contronatura si cementano tra urla di giubilo e orge dionisiache: il mandato è salvo, la seconda dose del vaccino sarà distribuita, i fantasmi della Prima Repubblica riprendono saldamente possesso delle trame parlamentari e governative, mentre quello più prosaico di Craxi esplode in un assordante “Vaffanculo!” dall’aldilà.
Oppure, le orde distopiche degli assalitori stanno per conquistare il Senato e mandare a casa il governo legittimamente non eletto, un’onda d’urto colossale sta per investire il sistema democratico nazionale, aggredendolo da ogni direttiva europea immaginabile. Il palazzo è lì lì per crollare, Trump alla televisione satellitare abbraccia lo sciamano congratulandosi con un sonoro “Gimme Five!”, il presidente della Repubblica indossa i pantaloncini di cotone a fantasia e sta per salire sull’aereo che lo porterà in esilio a Tortuga, quando giovani e anziani trasformisti indossano tutine di latex sopra l’abito d’ordinanza, nascondono un accendino scalapareti nelle pieghe della cravatta e corrono uniti e leggiadri in soccorso della democrazia parlamentare, rivelando superpoteri degni dei Fantastici Quattro, di Spider-Man o degli altri eroi della Marvel.
Nelle sale buie di Botteghe Oscure, il segretario e tutta la nomenclatura del maggiore partito “in” popolare in un tempo sono a consesso, sferzati dal fantasma di Gramsci che rilegge a tutti da oltre sei ore i passaggi pregnanti dei suoi Quaderni dal carcere: “Il governo ha operato come un partito, si è opposto al di sopra dei partiti, ma per disgregarli, per staccarli dalle grandi masse e avere una forza di senza partito. Miseria della vita parlamentare. Scarsità di uomini di Stato, il giorno per giorno con le sue faziosità e i suoi urti personalistici, invece della politica seria”, si sente la voce del grande intellettuale che legge, ormai roco e disilluso, più per il piacere di apportare sofferenza a tali inadeguati che per la speranza vana di ottenere comprensione e azioni conseguenziali. Il leggio scricchiola e si spezza e gli appunti volano via, il grande intellettuale si guarda intorno perduto, ripone gli occhiali rotondi nel taschino e tenta mitemente di tornare al carcere dove la sua opera ha avuto una eco e un senso.