Nel 2015 e 2016 avevano subìto il sequestro dei beni, ora arriva la confisca. La sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha emesso tre decreti, eseguiti dalla Dia di Napoli, nei confronti degli imprenditori di Caserta Raffaele Donciglio, 52 anni, Vincenzo Cangiano, 37 anni, Orlando Cesarini, 73 anni, Domenico Ferraiuolo, 68 anni e Luigi Iannone, 42 anni, tutti inseriti nel settore edile e tecnologico.
Sempre la Dia ha svolto l’indagine che ha coinvolto le cinque persone citate e che ha portato alla scoperta di uno stretto legame con clan Zagaria, per la gestione degli appalti presso l’ospedale “Sant’Anna e San Sebastiano” di Caserta. La loro pericolosità è dimostrata, secondo l’inchiesta, dai continui contatti con il mondo della Pubblica amministrazione e della politica, per ottenere il monopolio sui lavori e le forniture sanitare appaltati nell’ospedale casertano.
Una collusione accertata dalla Corte d’Appello di Napoli che, nello scorso marzo, ha condannato il gruppo di imprenditori a pene dai dai sette agli otto anni di reclusione. Un’impenetrabile rete di connivenze e accordi sotto banco che i giudici e le indagini della Dia sono riusciti a scardinare con certosina pazienza.
I decreti di confisca fanno seguito a quelli di sequestro applicati tra il 2015 e il 2016 su ordine della Procura della Repubblica di Napoli. I beni interessati alla confisca riguardano quote societarie di imprese che operavano nel settore edile e nelle forniture di sanitarie, oltre a immobili situati nella provincia di Caserta e rapporti finanziari per un valore stimato di 6 milioni e mezzo di euro.
La confisca dei beni ai cinque imprenditori casertani è stata così commentata da Francesco Emilio Borrelli, consigliere regionale dei Verdi e componente del della Commissione sanità. “È sconcertante come la camorra possa mettere le proprie mani anche sulla sanità, controllando appalti, gestione e pure le assunzioni. All’ospedale Sant’Anna e San Sebastiano abbiamo fatto diverse denunce, per segnalare disservizi e vicende gravi. Addirittura scoprimmo che un dipendente, già con gravi precedenti penali, non si recava a lavoro da tre mesi, perché era stato arrestato per spaccio di stupefacenti. Ancora oggi nessuno ci ha spiegato come sia stato possibile che l’amministrazione dell’ospedale ci abbia messo tre mesi per rendersi conto della situazione”, ha concluso Borrelli.
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