Emergono man mano dettagli sempre più inquietanti portati alla luce dall’inchiesta “Par condicio” condotta dalla Procura della Repubblica di Benevento guidata da Aldo Policastro, in merito ai concorsi truccati per entrare a far parte delle forze dell’ordine in Campania. Stamattina 250 militari appartenenti ai comandi della guardia di finanza dei principali capoluoghi campani, hanno dato esecuzione a otto ordinanze applicative di misure cautelari, di cui tre in carcere, due ai domiciliari, due di sospensione dai pubblici uffici e un obbligo di dimora, nei confronti di altrettanti alti ufficiali appartenenti alle forze dell’ordine. Gli indagati sono accusati di aver compiuto gravissimi reati contro lo Stato e la Pubblica amministrazione, tra questi quelli di corruzione e di rivelazione dei segreti d’ufficio, per un totale di cinquanta episodi corruttivi reiterati nel tempo e in maniera recidiva. Dalle indagini è emerso infatti che i pubblici ufficiali avrebbero percepito ingenti somme di denaro da parte dei candidati ai concorsi pubblici in cambio del loro superamento delle prove per entrare nella polizia di Stato, nell’Arma dei carabinieri, nella guardia di finanza e nei vigili del fuoco.
I destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere sono un vice prefetto, già dirigente del ministero dell’Interno, nonché capo dell’ufficio concorsi del dipartimento dei vigili del fuoco e altri due funzionari beneventani appartenenti al comando provinciale dello stesso corpo. Tutti e tre sono ritenuti responsabili di aver messo in piedi una vera e propria associazione a delinquere, finalizzata a truccare i concorsi di accesso alle forze dell’ordine, garantendo la promozione solamente di quei candidati che avrebbero pagato profumatamente la tangente da loro richiesta per il superamento delle prove. Gli arrestati, abusando delle funzioni da loro esercitate, disponevano in maniera arbitraria della banca dati contenente i quiz delle prove. Un business illegale che non solo falsava i test, escludendo così i meritevoli, ma che assicurava agli ufficiali proventi illeciti per diverse centinaia di migliaia di euro.
L’inchiesta sui concorsi truccati in Campania è partita nel 2019. Si è arrivati alla contestazione dei reati commessi dagli indiziati dopo l’analisi dettagliata di circa 1.500 intercettazioni telefoniche, svariati pedinamenti e l’analisi del materiale di videosorveglianza. L’acquisizione delle prove ha permesso così di rivelare il ruolo centrale del vice prefetto che, tramite i suoi emissari, corrompeva i candidati dei concorsi: in cambio di una somma di denaro pari a 23mila euro avrebbe garantito loro il superamento della prova preselettiva. Il questo modo, il dirigente del ministero dell’Interno, non entrava mai in contatto con i fruitori del sistema corruttivo, essendo le operazioni illegali affidate ai suoi intermediari, che avrebbero solo dovuto depositare le tangenti presso i suoi uffici collocati a Roma, e intascando la loro parte di compenso. Le trattative economiche si consumavano invece nel Beneventano e venivano gestite dai funzionari pubblici che fornivano ai candidati del concorso, in cambio del compenso pattuito, la batteria completa di tutte le prove con annesse risposte, il tutto caricato su di una pen drive. In molti casi, inoltre, qualora fosse stata rilevata la mancata idoneità fisica o addirittura la sussistenza di procedimenti penali nei confronti dei candidati, l’intervento tempestivo degli ufficiali avrebbe permesso la cancellazione di tutti quegli ostacoli burocratici che ne avrebbero compromesso l’ammissione.
I ragazzi che avrebbero dovuto svolgere le prove, grazie a un canale di comunicazione diretta stabilito con gli intermediari, venivano a conoscenza anche delle date degli esami e delle convocazioni molti giorni prima che questi venissero pubblicati. Gli ufficiali che facevano da tramite utilizzavano utenze mobili dedicate intestate a cittadini extracomunitari così da non far ricadere alcun sospetto sui loro affari illeciti. Per consegnare le prove, invece, si avvalevano dei mezzi militari in dotazione alle forze dell’ordine, così da non essere sottoposti a controlli. Tali azioni si sono susseguite anche durante l’emergenza epidemiologica ed erano programmate per interferire anche con i concorsi di imminente pubblicazione inerenti a diversi corpi, tra cui quelli di finanza, polizia e carabinieri. Dell’organizzazione criminale facevano parte un maresciallo della guardia di finanza del comando generale di Roma, posto agli arresti domiciliari; un funzionario dell’Arma dei carabinieri attivo presso il centro nazionale di reclutamento di Tor Quinto, sempre a Roma, sottoposto anch’egli a misura cautelare domiciliare; un assistente capo della polizia di Stato e il segretario generale di una sigla sindacale dei vigili del fuoco, entrambi sospesi dai pubblici uffici.
I procedimenti investigativi hanno permesso di appurare che l’organizzazione criminale fosse attiva già da diversi anni e che oltre alle somme di denaro richieste, gli ufficiali corrotti ricevevano in cambio anche regali costosissimi, tra cui beni di lusso e orologi di valore. Stando sempre ai rilevamenti effettuati tramite intercettazioni ambientali e telefoniche, sarebbero coinvolti molti altri pubblici ufficiali. Non si esclude infatti che le indagini condotte dai magistrati abbiano ulteriori conseguenze, soprattutto negli ambienti romani e tra gli alti gradi delle forze dell’ordine. Gli scambi di denaro intercettati dai finanzieri ammonterebbero a 373.500 euro. Le perquisizioni effettuate stamane nelle abitazioni degli indagati hanno permesso di scoprire ingenti quantità di denaro contante occultato e mai dichiarato, assieme ai diversi beni di lusso posseduti. In particolare, nell’abitazione del vice prefetto, sono stati scoperti 45mila euro nascosti sotto il battiscopa di un mobile della cucina; nel garage del funzionario dei vigili del fuoco sono stati ritrovati 48mila euro in contanti; in un armadietto nascosto all’interno degli uffici del comando provinciale dei vigili del fuoco di Benevento, i finanzieri hanno trovato un borsone da viaggio con 156mila euro e infine, nell’abitazione di uno dei figli dei funzionari arrestati, sono stati ritrovati 35mila euro.
Le perquisizioni effettuate sono state in tutto sessanta e hanno permesso di ritrovare anche le pen drive sulle quali erano stati salvati i file, contenenti le batterie di domande utili al superamento del concorso truccato. Gli iscritti nel registro degli indagati sono in tutto 118, la maggior parte di loro appartenenti alle forze di dell’ordine. A emergere dall’inchiesta è stato anche il comportamento omertoso e accondiscendente di chi avrebbe dovuto conseguire la prova. I privati corruttori, a fronte della possibilità di poter ottenere un posto fisso tra le fila delle forze dell’ordine, non hanno mai manifestato contrarietà o disapprovazione di fronte al sistema di corruzione emerso, rispettando tutte le scadenze, i patti e la consegna delle somme di denaro con precisione e adottando anche loro cautele e precauzioni durante i contatti telefonici. Le indagini sono tuttora in corso e si procederà nelle prossime ore agli interrogatori di tutte le persone ritenute parti attive all’interno di un sistema criminale che per anni ha compromesso i concorsi pubblici di accesso alle forze dell’ordine in Campania. Un meccanismo in moto da diverso tempo, che escludendo i meritevoli, ha garantito l’accesso nelle forze dell’ordine a chi, pagando a caro prezzo, ha letteralmente acquistato il proprio posto di lavoro, danneggiando i concorrenti, le forze dell’ordine, lo stesso Stato per il quale avrebbero lavorato e l’intera comunità che si è trovata a pagare i loro immeritati stipendi.
Segui già la pagina Facebook Il Crivello.it?