“Stiamo facendo una fatica enorme a tenere i toni bassi, perché gli imprenditori ci chiedono la rivolta, la disobbedienza e di voler riaprire”. Un’affermazione secca ma non inaspettata quella del presidente della Confesercenti Campania Vincenzo Schiavo, che arriva dopo quasi una settimana dal sit-in pacifico di commercianti, artigiani e partite Iva in piazza Plebiscito per sollecitare il Governo Draghi a dare risposte concrete nell’affrontare la crisi economica causata dal Covid. Schiavo spiega le ragioni della protesta, quali sono le proposte di Confesercenti e cosa si aspetta dalla politica, senza dimenticare il lavoro per “convincere gli imprenditori che bisogna resistere un altro poco”.
Presidente Schiavo avete avuto riscontri dalle istituzioni dopo la manifestazione di mercoledì scorso in piazza Plebiscito?
“Dopo la manifestazione abbiamo incontrato il prefetto di Napoli, che ha informato delle nostre richieste il presidente del Consiglio Mario Draghi. Come Confesercenti abbiamo anche inviato una documentazione a 50 parlamentari della Campania. In molti ci hanno chiesto maggiori informazioni, tanto che questa settimana abbiamo un’agenda piena di incontri con alcuni di loro. Draghi, inoltre, ha detto pubblicamente che è pronto a ragionare per un decreto legge più vicino e idoneo alle esigenze delle imprese. Ci auguriamo, quindi, che al più presto ci chiamino per dirci cosa vorranno fare. Noi vogliamo portare fuori dalla pandemia le imprese, che hanno vissuto quasi 400 giorni di incertezze. C’è la necessità, dunque, di un crono programma chiaro e trasparente, condiviso dalle aziende, perché abbiamo bisogno di certezze per pianificare il nostro futuro”.
Durante il sit-in avete ribadito che la politica dei ristori è insufficiente. Confesercenti conferma, quindi, la proposta di un anno “bianco fiscale” in cui le imprese non pagherebbero le tasse?
“Lo continueremo a chiedere, perché non è un capriccio ma una necessità. Gli imprenditori non ce la farebbero se dovessero ritornare a pagare il 60% di tasse, con il debito che hanno contratto in questi 400 giorni, più fitti e utenze. L’Italia non ha fatto come in altri Paesi, dove hanno dato il 50% del fatturato perso. Capiamo che i soldi non ci sono ma adesso arriveranno i fondi della Ue. Siccome non verranno dati a noi bisogna, quindi, usarli per gestire le spese dello Stato, affinché almeno non ci chiedano le tasse per un anno. I colleghi spagnoli, tedeschi o inglesi ripartiranno con maggiore serenità, perché hanno avuto rimborsi dal 40 al 70% su ciò che hanno perso. Noi, invece, partiremo con un debito enorme a cui fare fronte. L’Italia sarà, quindi, più povera, perché i dipendenti sono andati in cassa integrazione e gli imprenditori hanno incassato il 70% in meno del fatturato. L’anno ‘bianco fiscale’ permetterebbe, quindi, all’imprenditore di recuperare i soldi per gestire i debiti pregressi e anche di assumere il personale necessario alla ripresa”.
Confesercenti chiede la riapertura delle attività, ma non crede che prima di una vaccinazione di massa questa sia improbabile?
“Finché non vacciniamo tutti c’è il rischio di ricadere nell’incertezza. Ognuno deve fare la sua parte: gli imprenditori devono avere certezze, la politica deve avere la capacità di vaccinare quante più persone possibili. Vogliamo partire dal settore del turismo per poi arrivare agli altri? Bene, partiamo e facciamo presto. Se arrivano i vaccini ci vogliono due mesi per vaccinarci tutti. Non ci sarebbe più necessità di immunizzare prima i lavoratoti del turismo, poi quelli del commercio e così via. La preoccupazione della politica deve essere quella di fare arrivare i vaccini. Una volta arrivati ci dobbiamo sedere a un tavolo perché bisogna riscrivere l’economia futura. In Campania ci sono 50mila imprese che già prima della pandemia erano in sofferenza bancaria. Appena si riattiverà il pagamento dei mutui queste imprese falliranno. Bisognerà, quindi, discutere come aiutarle. La nostra richiesta è allungare il debito delle imprese, perché non potranno pagarlo in tre o cinque anni. Fare in modo, dunque, che la garanzia di Stato e Regioni copra per 15 anni i prestiti contratti con le banche”.