L’EXHIBIT
Reduce dal grande successo di visite riscosso durante le festività natalizie, la retrospettiva David Bowie: The Passenger. By Andrew Kent, attualmente in esposizione presso le sale del settecentesco Palazzo Roccella, location del PAN – Palazzo delle Arti di Napoli, situato nella centralissima ed elegantissima via Dei Mille, resterà in mostra fino a domenica 15 gennaio, giorno in cui si svolgerà il finissage dell’esposizione. L’exhibit, in occasione della tappa partenopea, seguita a quella milanese, è stata arricchita con un allestimento esclusivo, al quale si sono aggiunte due nuove sezioni espositive dedicate agli scintillanti costumi e alla carriera cinematografica di David Bowie, il quale indossò anche le vesti di attore. La mostra antologica, organizzata dalla società di promozione culturale Navigare – Arte & Cultura, in collaborazione con il Comune di Napoli, è curata dall’agenzia Ono Arte, sotto l’attenta supervisione dei curatori artistici Vittoria Mainoldi e Maurizio Guidoni.
L’evento esclusivo vuole celebrare la leggenda del rock a sette anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 10 gennaio del 2016, attraverso le testimonianze di Andrew Kent, grande amico nonché fotografo personale della star inglese all’apice della sua scintillante carriera. Kent fu infatti uno dei fotografi più richiesti e apprezzati dalle stelle della musica, immortalando alcune delle immagini e delle pose più famose di artisti iconici come Freddie Mercury, Iggy Pop, Frank Zappa, Jim Morrison, Cat Stevens, Rod Stewart, Keith Richards, Ozzy Osbourne, Eddie Van Halen ed Elton John. Scatti straordinari, finiti sulle prime pagine di tutti giornali e delle riviste più importanti dell’epoca, fino a diventare le copertine di album che hanno scritto la storia della musica, immagini iconiche che sono entrate a far parte della nostra cultura e del nostro immaginario.
La mostra racconta, attraverso gli scatti e le memorie del fotografo americano Andrew Kent, il periodo della vita di Bowie tra il 1975 e il 1976, quando il rocker inglese decise di lasciarsi alle spalle gli “anni americani”, culminati con il successo dell’album Young Americans e le riprese del film L’uomo che cadde sulla terra, per tornare in Europa, più precisamente a Berlino, e dare una svolta alla sua vita. Le foto scattate da Kent in quegli anni, esposte al PAN di Napoli, raccontano un periodo particolarmente intenso per il cantante londinese, foriero di grandi successi e di cambiamenti cruciali. Dalle foto immortalate sul palco a quelle a tu per tu con Bowie, fino alle testimonianze inedite dei lunghi viaggi e delle tournée in giro per il mondo, l’obiettivo del fotografo americano ha saputo raccontare meglio di chiunque altro la vita artistica e privata di un artista in costante trasformazione. Un “uomo venuto dallo spazio”, capace di infrangere miti e tabù e di superare le barriere e i confini ideologici della “cortina di ferro” che a quei tempi divideva l’Europa. Ma anche un instancabile provocatore, come dimostrano gesti e azioni eclatanti anticipatrici del politically incorrect.

Gli scatti di Kent raccontano la straordinaria avventura di Bowie in occasione del suo scintillante ritorno in Europa, in un continente diviso dalla Guerra Fredda, tra viaggi interminabili ed esibizioni leggendarie. Spazio anche alle visite dell’artista londinese nelle città che lo hanno ospitato e ispirato, dalla Piazza Rossa alla tomba di Lenin a Mosca, passando per l’invalicabile Muro di Berlino, fino alla Victoria Station di Londra, teatro del discusso “saluto nazista”. Al centro della retrospettiva ampio spazio viene dedicato al famoso Isolar Tour il quale, con le sue 66 date in giro per il mondo, promosse l’album Station to Station, pubblicato nel 1976. Il tour coincise anche con il compimento della metamorfosi di Bowie, che dal ribelle e alienato “Ziggy Stardust”, si trasformò nel suo nuovo e raffinato alter ego, “The Thin White Duke”, il “Duca Bianco”, lasciando senza parole i fan e la stampa del tempo. Bowie era infatti un artista radicale, fuori da ogni schema e da ogni cliché, che viveva la sua vita come un’opera d’arte totale: per lui non esistevano mezze misure.
L’exhibit si compone di fotografie inedite, in bianco e nero e a colori, impreziosite da un corredo composto da cimeli, testimonianze e documenti originali dell’epoca, custoditi dallo stesso Kent e appartenenti a collezioni private, per un totale di 150 opere esposte. Il percorso si arricchisce degli ambienti che videro affermare il successo di Bowie negli anni ’70; un viaggio immersivo capace di proiettare i visitatori in un’epoca storica attraversata da una grande voglia di libertà e di cambiamento. In questo itinerario affascinante la rockstar prende vita e si materializza tra strumenti musicali, abiti glamour e costumi di scena, vinili, riviste, poster di concerti e locandine di film nei quali Bowie recitò. Ogni oggetto racconta la storia di un’artista poliedrico, che si cimentò in ogni forma dell’arte, influenzando la musica e la cultura fino ai giorni nostri. I visitatori potranno inoltre conoscere alcuni degli aspetti meno noti della vita dell’artista, fino scoprire i segreti della carriera di un personaggio unico ed emblematico. La mostra David Bowie: The Passenger è un viaggio emozionale che chi ama la musica non può perdere.

ASCESA, CADUTA E RINASCITA DI UN MITO
Nato a Brixton, sobborgo a sud di Londra l’8 gennaio del 1947, David Robert Jones, in arte David Bowie, è stato cantautore, scrittore, polistrumentista, attore, pittore e stilista, tra le personalità più eclettiche, influenti, rivoluzionarie e controverse del XXI secolo. Nonostante provenisse da una famiglia problematica, scelse fin da giovane di intraprendere la carriera musicale per esprimere al meglio il suo originale estro artistico. Determinante nella sua vita fu l’influenza del fratellastro Terry Burns, che permetterà al giovane Bowie di appassionarsi alla musica jazz, in particolare a John Coltrane e ad Eric Dolphy, guidandolo nello studio della filosofia di Friedrich Nietzsche e nella lettura dei testi della Beat Generation, attraverso le opere di Jack Kerouac e William Burroughs, nonché dello scrittore inglese Christopher Isherwood, il quale diventerà suo grande amico e fonte di ispirazione.
La svolta verso il rock avviene con la conoscenza del produttore musicale Kenneth Pitt, già collaboratore di Bob Dylan, del quale Bowie era grande estimatore. Il giovane musicista di Brixton inizia così ad appassionarsi alla musica psichedelica, ispirandosi alle sonorità oniriche dei The Velvet Underground e dei King Crimson, al glam rock dei T. Rex e al krautrock che andava affermandosi tra anni ‘60 e ‘70 con gruppi come i Tangerine Dream. Nel frattempo continuava a coltivare le sue passioni per le arti visive, interessandosi all’espressionismo tedesco e alla Pop Art, nutrendo una forte ammirazione verso il cinema e l’arte surrealista nonché verso la letteratura decadente. Rimase infatti affascinato da artisti, scrittori e registi che lui reputava insuperabili come Oscar Wilde, Egon Schiele, Salvador Dalì, Luis Buñuel, Stanley Kubrick, Elvis Presley e Andy Warhol.

Oltre a occuparsi di musica, di arte e di cinema, Bowie coltivava in parallelo le altre sue passioni come il teatro, la danza e la moda, le quali furono cruciali per la caratterizzazione e lo sviluppo dei suoi personaggi nonché del suo stile unico e inimitabile, divenendo elementi imprescindibili dei suoi show e delle sue live performance. Furono quelli gli anni del difficile e tormentato rapporto con il ballerino e attore inglese Lindsay Kemp: il cantante, infatti, non nascose mai la sua bisessualità. Bowie, dal canto suo, era alla ricerca costante di sempre più innovative e spettacolari forme espressive, che potessero dare voce al suo mondo interiore. Fu così che prese vita il personaggio di “Ziggy Stardust”, alter ego del cantante che tra glitter, paillettes, piume, brillantini, make-up spaziali, capigliature fluorescenti, abiti chic, acconciature da urlo e tacchi a spillo potesse lanciare un messaggio universale di emancipazione e di liberazione da ogni forma di pregiudizio e di imposizione sociale, culturale e sessuale.
Il 1969 è l’anno del successo per David Bowie, con la pubblicazione del suo secondo album, Space Oddity, vero e proprio manifesto della musica psichedelica e del glam rock, capace di spalancare universi onirici inesplorati e orizzonti musicali sconosciuti prima di allora. Space Oddity, che è anche la title track dell’album, diventa la sua prima hit: è la storia di un uomo perso nello spazio, metafora dell’incertezza esistenziale, ed è al tempo stesso il grido di un’intera generazione che ha sperato nel cambiamento ma è rimasta disillusa di fronte a una società impermeabile alle idee di progresso civile e sociale che si erano fatte largo negli anni Sessanta. L’anno successivo il cantante londinese si sposa con la giovane Angela Barnett, che diventerà sua musa e fonte di ispirazione, e assieme alla quale condurrà un’esistenza fatta di libertà, eccessi, stravaganze e di messa in discussione di ogni vincolo e convenzione sociale.

Tra il 1971 e il 1974 Bowie è consacrato all’Olimpo della musica, dando vita ad alcune delle pietre miliari del rock: prima Hunky Dory, poi The rise and fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, successivamente Aladdin Sane e Diamond Dogs, che lo portano alla fama internazionale. Quattro album che simboleggiano il mondo tradizionale che crolla, per dare spazio una nuova visione dell’esistenza, non più condizionata dalle costrizioni e dalle repressioni di una società puritana e conservatrice, legata ai valori “tradizionali” del patriarcato e dell’eteronormatività. La musica di Bowie, al contrario, vuol dire seduzione, libertà sessuale, disinibizione, scandalo, provocazione, rappresentando dunque la vera essenza del rock, ma soprattutto vuol dire essere se stessi, accettare la propria diversità e sensibilità, e finalmente poter esprimere la propria sessualità oltre il classico e stereotipato dualismo binario maschio/femmina, che viene abbattuto e superato da un nuovo approccio culturale genderless. Un modo di essere, di pensare, di esprimersi e di agire che farà di Bowie un’icona del rock e della comunità LGBTQIA+.
Bowie avvierà in quegli anni anche una proficua collaborazione con il fashion designer Michael Fish, già stilista dei Rolling Stones, assieme al quale darà vita a stupefacenti creazioni indossate durante le sue spettacolari performance. Abiti sfarzosi dalle tinte cangianti, giacche glam abbinate a pantaloni attillati o a zampa d’elefante che esaltano le forme del corpo, tute spaziali intrise di sensualità e femminilità, il tutto indossato sempre con estrema grazia ed eleganza, elementi imprescindibili del fascino, dello stile e dello charme magnetico del cantante londinese. Gli imperativi di Bowie erano “osare” e “stupire” a qualunque costo, sia sotto il profilo estetico che stilistico, facendo dell’originalità, della stravaganza e della spregiudicatezza i suoi tratti distintivi. Per tale ragione, nell’arco della sua lunga carriera, si avvalse del lavoro dei più innovativi stilisti dell’epoca come Freddie Burretti, Natasha Korniloff, Kansai Yamamoto e Alexander McQueen. Travestitismo e androginia, che prima erano relegati ai margini del mondo dello spettacolo, divennnero i protagonisti della ricerca estetica di Bowie, il quale intuì per primo che l’immagine, intesa come riproduzione del sé, sarebbe diventata centrale nell’industria culturale.

All’aumentare del successo, però, iniziano anche i problemi per l’artista, tra dipendenze e disturbi psichici. Se il 1974 è l’anno del tour americano, delle collaborazioni importanti come quella con John Lennon, dall’amicizia con Iggy Pop e Jimmy Page, è anche il periodo più buio del cantante, segnato dell’abuso di alcool e di sostanze stupefacenti, che lo trascinano nel baratro della dipendenza, del delirio e della follia. Il 1976, con il trasferimento a Berlino, rappresenta l’anno della “svolta”, che si concretizza con la pubblicazione dell’album Station to Station. Bowie riesce finalmente a mettersi alle spalle i problemi con la tossicodipendenza, abbandonando il glam e la psichedelia per una nuova espressione artistica, che guarda al pop, al funk, alla new wave e alla nascente scena elettronica, che trova a Berlino la sua culla ideale. Tale periodo fu decisivo per la vita e la carriera dell’artista, poiché lo portò alla creazione della famosa “trilogia berlinese” con la pubblicazione, tra il 1977 e il 1979, di tre fantastici album che hanno riscritto la storia della musica: Low, Heroes e Lodger.
Furono quelli gli anni della “rivoluzione esistenziale” per Bowie, un cambiamento netto che non poteva non tradursi in una profonda e radicale trasformazione artistica che riguardasse l’estetica e lo stile musicale: la fenice era rinata dalle sue stesse ceneri. Fu così che l’inaspettato “Duca Bianco” contribuì sempre più a creare un alone di mito e di mistero attorno alla sua figura, diventando nel frattempo una leggenda vivente della musica. Nel 1983 David Bowie torna nuovamente protagonista della scena musicale con la pubblicazione del suo quindicesimo album in studio, Let’s Dance, il quale sarà uno dei suoi dischi più venduti, scalando le classifiche di tutto il mondo. La carriera inarrestabile di Bowie è proseguita anche durante tutti gli anni ’90 e 2000. Blackstar, penultimo album dell’artista londinese, è stato pubblicato l’8 gennaio del 2016, due giorni prima della scomparsa della leggenda del rock, scalando nuovamente le classifiche mondiali e venendo premiato ai Grammy Awards. La musica di David Bowie è stata dunque capace di affascinare ed emozionare non solo la generazione di un’epoca, ma ha continuato a suggestionare e a ispirare anche le generazioni successive: un mito rimasto intatto fino ai giorni nostri.

INFORMAZIONI PER LA VISITA
L’exhibit David Bowie: The Passenger. By Andrew Kent, in mostra al PAN – Palazzo delle Arti di Napoli, è visitabile tutti i giorni, fino al 15 gennaio del 2023, secondo i seguenti orari: dal lunedì al venerdì dalle ore 9:30 alle 19:30; il sabato, la domenica e nei giorni festivi dalle ore 9:30 alle 20:30. L’ultimo ingresso è 30 minuti prima dell’orario di chiusura della biglietteria. Per maggiori informazioni sulla mostra e sui costi dei biglietti è possibile visitare il sito www.mostradavidbowie.it oppure contattando i numeri 351 855 7794 e 081 795 86 00. I ticket sono acquistabili presso la biglietteria della mostra oppure previa prenotazione on-line (clicca qui). Sempre al PAN, fino a lunedì 23 gennaio, sarà possibile visitare anche la mostra Gli architetti e il paesaggio tra natura e artificio, a cura dell’arch. Paola Lista. L’esposizione nasce dall’esigenza di interrogarsi sulle nuove frontiere dell’architettura e del suo complesso e indissolubile rapporto con la natura e l’uomo, in un’epoca profondamente segnata dai cambiamenti climatici e dalle catastrofi ambientali. Prosegue dunque la ricca stagione culturale partenopea all’insegna dell’arte e della musica.
Segui già la pagina Facebook Il Crivello.it?