È nato a Procida, ci ha vissuto fino alla maggiore età, poi è andato per la sua strada, con l’idea dell’amore per la libertà che gli è rimasta addosso, forgiata nei primi tempi di permanenza nell’isola. La lontananza non è riuscita a spezzare il cordone ombelicale che lega Antonio Lubrano a Procida. Il popolare giornalista, conduttore e ideatore della trasmissione televisiva Mi manda Lubrano, modificata in Mi manda Rai Tre dopo il suo addio al programma, esprime la sua felicità per il traguardo raggiunto di Capitale italiana della cultura 2022, ricordando i luoghi della gioventù e i romanzi che hanno reso celebre Procida nel mondo.
Dottor Lubrano, qual è stato il suo primo pensiero quando ha saputo della designazione di Procida e cosa ha provato?
“Un pensiero di gioia, che è persino naturale in chi è nato in un’isola di quattro chilometri quadrati e di diecimila abitanti. Procida mi ha insegnato l’amore per la libertà, libertà di vita e di azione. Quando si nasce su uno scoglio e fino alla maggiore età si sogna l’avvenire nel resto del mondo, oltre il mare, l’idea della libertà plasma tutta la tua vita. Del resto, il fatto che Procida sia un’isola di naviganti, di capitani e macchinisti che vanno dall’Est all’Ovest del mondo, non è una vocazione alla libertà? Ho provato soddisfazione, perché il legame di Procida con la cultura è antico e riservato, non sbandierato, ma coltivato. Basta pensare all’esperienza di vita che i nostri marittimi riportano nell’isola quando tornano dai loro lunghi viaggi. E poi c’è una ricorrenza annuale motivata da un romanzo del francese Alphonse de Lamartine, di cui è protagonista una giovane donna, Graziella. Ebbene, Procida elegge ogni anno la sua Graziella, il simbolo della bellezza femminile isolana. Un vezzo? No, un riconoscimento. Al personaggio di Graziella l’isola deve la sua notorietà, poca o tanta che sia. E ovviamente anche a un altro romanzo, citatissimo in questi giorni di prima gloria: L’isola di Arturo di Elsa Morante”.
Procida è considerata la “sorella minore” tra le tre isole del golfo di Napoli. Secondo lei, non c’è il rischio che diventi adesso meta di un turismo di massa e perda così la sua genuinità?
“Non parlerei di rischio. Il movimento turistico arreca sempre benefici e poi l’isola, per la sua stessa dimensione, propende per un turismo moderato, non di massa. La genuinità dei procidani è dovuta al loro carattere, in genere riservato e rispettoso delle proprie libertà, come di quelle altrui. C’è un precedente, non trascurabile, che la dice lunga sul destino dell’isola. Sul nostro turismo ha gravato per decenni la presenza del carcere. L’isola dove arrivavano gli ergastolani non appariva invitante per le persone libere, italiane o straniere che fossero. Ora ci siamo liberati già da diversi anni del penitenziario e non mi risulta che il movimento turistico sia cresciuto. L’isola può contare sulle sue spiagge: la Chiaia, Ciraccio, Ciracciello, la Lingua, la Marina, che molti napoletani, per esempio, scelgono ogni estate. Se il fregio di Capitale della cultura per un anno richiamerà visitatori o villeggianti non posso che dire ben vengano”.
“La cultura non isola” è il felice slogan che ha accompagnato la presentazione del progetto che ha consentito a Procida di diventare Capitale italiana della cultura 2022. Quanto una piccola isola potrà incidere anche nella trasformazione del territorio che è al di là dei suoi confini naturali?
“Non credo che l’estensione dell’isola possa incidere in qualche modo sulla rigenerazione della regione. Procida diventa nel 2022 un simbolo e il simbolo è più forte di ogni iniziativa. Se ce l’ha fatta Procida con i suoi quattro chilometri quadrati di estensione, l’intera Campania può rigenerarsi. E poi dove mettiamo la forza propulsiva di Napoli, città che ha una sua potenzialità e un suo fascino, malgrado le maldicenze che la perseguitano?”.
Quali sono i luoghi e le zone di Procida ai quali lei è particolarmente legato e per quali motivi?
“Il luogo che mi ha conquistato da sempre è la Corricella, una delle marine dell’isola. Ma i miei ricordi sono tutti legati alle strade dell’isola, dalla Terra murata alla Chiaiolella. Procida è la mia memoria ed è lì che spero di essere seppellito, quando sarà l’ora”.

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