Qualche giorno fa, nell’Agro aversano, G.D.A, 32enne, viene arrestato. A denunciarlo è il padre, F.D.A., che compie questo gesto estremo per cercare di salvare quel figlio finito nel giro della droga. I giornali pubblicano quotidianamente fatti di cronaca a ritmi serrati, molto spesso senza sapere che dietro quelle fredde notizie ci sono storie di vita, storie di persone che meritano una maggiore attenzione. Il nostro editore conosce quel genitore e la sua famiglia da anni e vuole raccontare il coraggio di un padre, disposto apparentemente ad andare contro il figlio, in maniera dura, pur di redimerlo. Di seguito il suo breve scritto. (i.r.)
“Ho compiuto un gesto o meglio l’ultimo estremo gesto di un padre il cui fine è aiutare suo figlio, denunciandolo alle autorità competenti. Un gesto intriso al contempo di estremo dolore e immenso amore. Ad oggi non mi è possibile parlare direttamente con lui, ma mi auguro sappia o almeno capisca, anche il giorno in cui ne avrà la lucidità per farlo, che l’ho denunciato per il suo bene, dopo aver visto vanificare ogni altro tentativo di aiuto. Tutti i genitori di figli che fanno uso di droghe devono essere consapevoli che la denuncia, in alcuni casi, non è altro che l’ancora di salvezza per un congiunto prima che questi possa toccare ancora di più il fondo, distruggendo se stesso e chi gli sta intorno o, ancora peggio, giungendo a un punto di non ritorno. Condividendo il mio dolore spero di poter dare forza a tante famiglie che vivono il mio medesimo dramma”.
Nel momento preciso in cui ho appreso la notizia, conoscendo personalmente il genitore del ragazzo da oltre trent’anni, mi sono chiesto in quanti riescano a pensare e poi a compiere un gesto all’apparenza così crudele e contro natura come denunciare il proprio figlio. Non è usuale, non si verifica spesso, forse per mancanza di coraggio, forza o semplicemente perché a volte il non guardare in faccia alla realtà è la strada più semplice da seguire, ma anche la più deleteria. Ma, oltrepassando il muro di apparenze e giudizi, cosa è possibile vedere? Amore, immenso amore, a tutela di coloro ai quali si dà la vita, anche se questo comporta l’andare a violare quell’inconscio patto di complicità, unione e fiducia reciproca che sancisce il legame straordinario tra un genitore ad un figlio.
L’amore è dunque anche sacrificio, l’amore è, in situazioni come questa, dolore, una sofferenza tale da spezzare il cuore, nella speranza un giorno di ricomporre l’idillio di un rapporto, nell’istante in cui il proprio sguardo incrocerà quello di un figlio che ha ripreso in mano le redini della propria vita. La sofferenza nascosta in queste vicende è forse impossibile da descrivere e comprendere, ma come il padre stesso del ragazzo ha detto, si tratta di “scelte necessarie ed inevitabili”.
Lui stesso ha affermato rivolgendo le parole direttamente al figlio: “Ho fatto qualcosa che un padre non dovrebbe e vorrebbe mai fare, tradendo la cieca fiducia che hai costruito nei miei confronti in 32 anni della tua vita, consegnandoti nelle mani di chi di te non sa nulla se non il tuo nome e il motivo per cui sei ora in galera. Ma non potevo trascinare ancora oltre le nostre vite nell’apparente quotidianità che era ormai fatta di maschere. Odiami oggi, odiami fin quando riuscirai a capire che io ti ho amato, ti amo e continuerò ad amarti con la stessa intensità se non più grande. Un giorno forse quando uscirai da questo tunnel, che ad oggi sembra non avere fine, in cuor tuo capirai cosa mi ha spinto. Nel momento in cui ne avrai consapevolezza e potremo stringerci nuovamente in un abbraccio realizzerai che ti avrò dato la vita per la seconda volta e mi sentirò fortunato per poterti vedere affrontarla con la gioia di un tempo”.
Alfonso Santoro
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