“Barboni” è con questo termine, dal connotato negativo, che spesso ci si riferisce ai senzatetto, abitanti che sembrano appartenere ad un altro mondo. Una realtà drammatica, che non di rado, ci spinge a mettere in atto delle modalità difensive per prenderne le distanze e sentirci diversi. I senza fissa dimora presentano una grande varietà di percorsi esistenziali. Essi finiscono in strada a causa di molteplici fattori come per esempio un disturbo mentale o fisico, la perdita di lavoro, la comparsa di una malattia, l’abuso da sostanze, provenire da una famiglia disagiata, essere stranieri (che subiscono il cosiddetto “shock culturale”), essere omosessuali. I fattori individuali sopra descritti sono sì necessari, ma non sufficienti per descrivere il percorso che porta un uomo nella condizione di homelessness, poiché anche i fattori ambientali hanno un ruolo rilevante in questo processo.
A loro sono rivolti rapidi sguardi, un’infinità di invasivi sguardi che li deumanizzano, proprio come oggetti da vetrina: vengono osservati, ma restano invisibili. A tal proposito, sono a dir poco allarmanti i dati riportati da Michele Ferraris, membro della Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora intervenuto, ai microfoni di Sky TG24 “Rispetto a un dato di qualche anno fa che parlava di 50.000 persone senza dimora, dobbiamo pensare ad un aumento del 20-25%” di cui anche tanti giovani e noi auspichiamo che si possa fare un nuovo censimento, ma non un censimento di una notte, ma strutturale per avere un quadro più preciso“.
“I numeri delle persone senza dimora aumentano – ha dichiarato Ferraris – non c’è un dato scientifico che lo attesta, ma il riscontro che abbiamo è evidente, ed è evidente anche a chi gira per strada e può cogliere quello che sta accadendo alla società. C’è una tendenza alla spinta verso il basso che porta sempre più persone a finire in uno stato di grande emarginazione e povertà estrema” e continua. Le grandi città attirano ma poi creano una sorta di prigione, di dipendenza e di circuito negativo. A molte di queste persone manca essere ascoltate, ovvero qualcuno che chieda semplicemente come stiano, creando quel senso di comunità che viene a mancare e porta le persone a sentirsi in solitudine, perché in una situazione di totale abbandono. Questi invisibili non si notano, perché non sono persone sporche o con la barba inginocchiate per terra a chiedere l’elemosina come vuole il luogo comune”.
“Quello che può stupire è che diverse di queste persone vivono in questa condizione nonostante abbiano un lavoro. Ci sono tantissime situazioni dove ci sono persone che sono senza dimora anche avendo un lavoro, soprattutto a causa di una separazione, e con lo stipendio che hanno non riescono a mantenere con gli alimenti la famiglia e una seconda casa” conclude Ferraris. “Lì servirebbe un aiuto concreto, perché in queste condizioni queste persone rischiano anche di perdere il lavoro e non solo. Il dato sulle morti per strada non è scientifico ma reale, è un dato concreto, le persone che muoiono sono aumentate perché c’è una spinta verso il basso che porta le persone disperate a vivere in condizioni di salute precaria e abbandono, e a volte anche a morire”.
Anche se non risolutiva ,ridurre i pregiudizi sui senzatetto potrebbe essere di fondamentale importanza, se si pensa che i pregiudizi spesso costruiscono un potente stigma sociale, una prigione invisibile che favorisce e accelera il processo di esclusione dalla società.