Ci sono romanzi che spesso per la linearità della trama, l’elemento fantasy e la semplicità linguistica vengono etichettati o, peggio, declassati come libri ‘per ragazzi’. Tuttavia spesso accade che in molti di questi testi si celino delle verità molto profonde e si dispieghino tematiche che riguardano tutti: adulti, ragazzi e bambini.
Fra questi c’è senza dubbio il romanzo Sette minuti dopo la mezzanotte (Mondadori, 2012), scritto da Patrick Ness, anche se sulla copertina compare anche il nome di Siobhan Dowd. L’idea originale del romanzo (come si legge nella Nota dell’autore) era stata concepita infatti da questa autrice inglese, deceduta a causa di un tumore prima di portare a compimento l’opera.
A Ness fu quindi chiesto di completare il racconto ed egli, non senza esitazione, accettò, supportato anche dall’aiuto di Jim Kay, autore delle bellissime illustrazioni che accompagnano il testo. Protagonista di questo romanzo è Conor, un ragazzino alle prese con una realtà divorante: una madre malata, un padre assente e un incubo che non ha la forza di sostenere.
Tuttavia qualcuno o qualcosa aiuterà Conor a sopravvivere. Questa forza misteriosa, almeno io l’ho letta così, è l’inconscio di Conor, che si manifesta attraverso dei sogni a occhi aperti, di notte, sette minuti dopo la mezzanotte, quando accade che si erge, di fronte a lui, un mostro.
A prendere le sembianze del mostro è un antico tasso, l’albero che si trova di fronte alla casa del ragazzino. Questo tasso è tuttavia un mostro po’ particolare perché non impaurisce il ragazzino, ma gli racconta delle storie, storie che narrano di una realtà che è molto più complessa di quella che appare a un primo sguardo, lo sguardo censore della ‘Legge’ che giudica in maniera manichea cosa sia il bene e cosa il male.
E questa ‘Legge’ censoria, purtroppo, il giovane protagonista la esperisce dentro di sé, una legge inflessibile che non gli consente di raccontare a se stesso la ‘sua’ di storia, un vero incubo con cui non riesce a fare i conti. Ed ecco che il tasso (la fantasia, il sogno, l’inconscio) va in soccorso a Conor per far sì che – attraverso quelle storie un po’ strane che racconta (del resto il sogno è sempre bizzarro) – egli possa finalmente dirsi la verità, quella verità di cui tanto ha paura e che spesso di notte prende la forma dell’incubo, questa volta di un incubo vero, che lo fa svegliare di soprassalto, madido di sudore e paralizzato dalla paura.