Le civiltà al collasso hanno tutte qualcosa in comune?
In un recente lavoro degli scienziati del prestigioso Santa Fe Institute si è cercato di individuare degli elementi ricorrenti nelle società che si affacciavano sull’orlo di un rapido declino. L’istituto è famoso per i suoi contributi nella scienza dei sistemi complessi, ovvero sistemi che presentano notevoli interazioni tra gli enti che li compongono e capacità di adattamento (come un ecosistema, una città, un organismo). In questo studio hanno analizzato, con gli strumenti matematici e informatici classici della disciplina, i dati di varie società sudamericane. Informazioni spazianti da reperti archeologici a dati climatologici a pratiche sociali e architettura ad un dettaglio annuale, sono state studiate lungo ottocento anni di storia, tentando di valutare con indicatori la resilienza, ovvero la capacità del sistema in questione di controbilanciare stimoli esterni e subire perturbazioni senza degradarsi o distruggersi.
Una intera civiltà è certo un sistema estremamente complesso, ma secondo lo studio ci sono alcune dinamiche che è possibile individuare come responsabili dei collassi. Sebbene ci siano molte teorie riguardo cause “estrinseche” alle civiltà che possano farle collassare, come grandi cambiamenti climatici, vi sono caratteristiche “intrinseche” come la flessibilità del sistema sociale che possono giocare un ruolo fondamentale. Con il lento cumularsi di modificazioni come incrementi di violenza e iniqua distribuzione dei beni, lo status quo può diventare più fragile e soggetto a perturbazioni violente a cui non riesce a far fronte. Nella teoria dei sistemi dinamici lo status quo può considerarsi un oggetto matematico chiamato attrattore strano, ovvero uno stato del sistema in grado di “attrarre” altri stati verso di se: in pratica di “mantenere” il sistema in un certo stato.
La perdita di dinamicità del sistema, come una società che ripete le stesse pratiche al variare di tempo e condizioni, può portare ad una perdità della resilienza interna. Questa perdita si è sempre correlata ad un rapido collasso per tutte le civiltà prese in esame in Sud America tra il 500 e il 1300 dopo Cristo. Comprendere meglio questi fenomeni e la cruciale importanza della responsività di un sistema come la società, ma anche riuscire a valutarli con degli indicatori, è molto utile per evitare catastrofi sociali e far godere di buona salute la nostra civiltà.

Dall’articolo originale, rappresentazione grafica della resilienza nel tempo
Linfociti che non la fanno fare franca ai tumori
Un team di ricerca di Pechino ha ingegnerizzato uno speciale tipo di linfocita T per identificare e distruggere cellule di una categoria di tumori. Nello studio riportato sulla prestigiosa rivista Science i ricercatori descrivono i risultati delle loro analisi sul nuovo farmaco cellulare e gli effetti terapeutici su cavie da laboratorio. I tumori solidi sono agglomerati di cellule tumorali (non necessariamente maligni) che assumono una conformazione stabile, fissa e simile a quella di un vero tessuto, differenziandosi quindi dai tumori che viaggiano nei liquidi come il circolo sanguigno.
I più tristemente conosciuti sono sarcomi e carcinomi, che a causa della loro particolare organizzazione strutturale riescono a resistere a molte terapie e devono spesso venire rimossi chirurgicamente. Negli ultimi anni l’ uso delle cellule T con recettore antigenico chimerico (Chimeric antigen receptor T cells: CAR-T) ha fornito grandi speranze in campo oncologico, soprattutto contro linfomi e leucemie, tuttavia non si è dimostrato efficace contro i tumori solidi che sono così divenuti il bersaglio di larga parte della ricerca medica mondiale. Per prima cosa i ricercatori hanno ingegnerizzato il DNA di queste cellule, fondendo geni che originariamente codificavano per proteine diverse (da cui il termine chimerico) e arrivando a costruire un recettore proteico speciale. Le cellule e in particolare quelle del sistema immunitario, dipendono da apparati proteici sulla loro superficie per comunicare e “scambiarsi” messaggi molecolari.
Questi recettori speciali permettono ai linfociti ingegnerizzati di attaccare specificamente cellule tumorali e non sane. I tumori solidi tuttavia riescono a secernere molecole segnalatrici che, catturate dai recettori dei linfociti, inducono lo spegnimento della loro attività, rendendo inefficaci le terapie immunologiche classiche. Il nuovo recettore ingegnerizzato però è molto diverso ed è in grado di lasciare intoccati i processi di segnalazione ed attivazione dei linfociti, impedendo che la loro risposta venga spenta dai tumori. I nuovi linfociti con recettori sintetizzati dimostrano una maggiore sensibilità (discernendo più efficacemente cellule sane o malate), una maggiore efficacia terapeutica, minore tossicità potenziale per i pazienti e un procedimento di produzione più economico. Questa scoperta costituisce quindi una nuova promettente speranza che, se supportata da ulteriori sperimentazioni, potrebbe rivoluzionare l’oncologia dei tumori solidi.

Illustrazione artistica di un recettore classico dei linfociti T
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