I risultati della ricerca possono aprire la strada a una semplice procedura in grado di affiancare gli altri metodi per scovare anticipatamente la malattia. Ebbene, oggi è possibile prevedere l’arrivo della malattia con 10 anni di anticipo e ritardarne il peggioramento.

Lo studio pubblicato sulla rivista Alzheimer’s & Dementia, condotto dagli scienziati del Karolinska Institutet, in Svezia, sostiene che livelli ematici elevati di glicani, strutture costituite da molecole di zucchero, potrebbero essere collegati a un rischio maggiore di sviluppare la malattia di Alzheimer. I ricercatori hanno considerato i dati relativi a 233 partecipanti allo Swedish National Study on Aging and Care in Kungsholmen (SNAC-K). I campioni sono stati raccolti tra il 2001 e il 2004 e i volontari sono stati monitorati regolarmente per un follow-up di circa 17 anni.
La possibilità di riconoscere in anticipo le persone a maggior rischio di sviluppare malattie neurodegenerative è molto importante. Il gruppo di ricerca ha dimostrato che il livello di una certa struttura glicanica nel sangue, denominata N-acetilglucosamina bisecata, può essere utilizzato per prevedere il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer. I glicani, spiegano gli esperti, sono molecole di zucchero che si trovano sulla superficie delle proteine.
Dati alla mano, queste armi a disposizione degli specialisti consentono di mettere a punto terapie ad hoc e di ritardare di circa dieci anni l’inizio dei problemi seri di memoria e di orientamento, a tutto vantaggio della qualità di vita.
