Negli ultimi anni il mondo del lavoro è stato caratterizzato da un’evoluzione significativa in termini di richieste e tendenze. Alcuni lavori che un tempo erano considerati altamente richiesti sono diventati obsoleti, mentre altri lavori emergenti stanno diventando sempre più importanti. Ovviamente poi il Covid ha accelerato i processi che erano già in atto. Ruoli e incarichi che fino a qualche anno fa non esistevano oggi sono diventate mansioni ricercatissime e con compensi economici non di poco conto, un destino che toccherà negli anni altre professioni che al momento non hanno tanto appeal nei più giovani.

In particolare, è caccia ai talenti tecnologici. Secondo recenti ricerche di Assintec-Assiform, in Italia ci sono 89mila posti di lavoro vacanti in questo settore e di questi circa 57mila rappresentano opportunità di lavoro accessibili anche per professionisti non laureati.
A tracciare la linea di quelle che sono le professioni con maggior richiesta di lavoratori è stato il report “Demand for tech talent”, condotto da Mia-Platform, che ha sottolineato come il mercato del lavoro italiano sia a caccia di talenti tecnologici. Si tratta di aziende multinazionali, ma anche familiari, il cui obiettivo è quello di accelerare i processi di trasformazione digitale proseguendo nella crescita e nello sviluppo del business. A livello di professioni più richieste dal mercato italiano, Assintec-Assiform evidenzia che oltre un terzo degli 89mila posti vacanti nell’IT (circa 32mila) fanno riferimento alla figura del “developer”, ovvero sviluppatori di software informatici. Tra le altre figure, si ricercano: cloud specialist, enterprise architect, test specialist, data specialist e information security specialist. Una tendenza che viene confermata anche a livello europeo.

Sempre secondo il report “Demand for tech talent”, i software developer sono la seconda figura IT più ricercata dalle aziende (58%) dietro ai tecnici di information security (59%) e davanti agli specialisti del cloud (55%). Il settore IT offre ulteriori preoccupazioni ai dipartimenti HR in quanto l’innovazione tecnologica si evolve di giorno in giorno ed è difficile prevedere quali talenti tecnologici possano soddisfare un’esigenza attuale ed essere rilevanti anche in futuro.
In un recente sondaggio Gartner (società per azioni multinazionale tra le più importanti del settore tecnologico), il 73% dei direttori informatici si è dichiarato preoccupato dal logoramento delle proprie risorse IT messe sotto pressione da una situazione dove al settore informatico viene richiesto un importante impegno nella missione di crescita aziendale attraverso le potenzialità della trasformazione digitale. In questa situazione le aziende stanno optando per offrire agevolazioni come la modalità di lavoro agile, benefit e welfare aziendale che non sempre sono sufficienti per risolvere le problematiche lavorative contingenti. Un ruolo fondamentale sarà svolto dalla formazione aziendale sia in ottica di employee engagement motivando e dando maggiore valore ai dipendenti, sia in ottica di competenze hard ma soprattutto soft.
Le competenze informatiche non sono solo un problema professionale ma riguarda anche l’intera cittadinanza nell’era della transizione digitale avviata nell’Unione Europea: per centrare gli obiettivi UE del Digital Compass al 2030, l’Italia dovrà formare con competenze digitali di base più di 20 milioni di persone. Senza dimenticare che il Bel Paese è ultimo in Europa per numero di iscritti a corsi di laurea in materia ICT in rapporto alla popolazione: 0,7 ogni mille abitanti, contro i 5,3 della Finlandia, leader in Europa.
