“Ho sempre lavorato per rendere possibile il cambiamento nelle realtà più difficili, dai territori dove il clan dei Casalesi spadroneggiava, al Centro agroalimentare di Napoli: è lo stesso motivo che mi ha spinto ad accettare questo nuovo incarico, oltre al dovere etico e morale di un impegno nella città dove Giancarlo Siani ha svolto il suo lavoro, grazie a un’informazione democratica e libera”. Da giovedì scorso, Lorenzo Diana è il vicesindaco di Torre Annunziata, con delega a legalità, sicurezza anticorruzione e gestione dei beni confiscati. Con un appello-provocazione, dalle pagine del Corriere del Mezzogiorno, Roberto Saviano lo ha indicato come candidato a sindaco di Napoli, in contrapposizione a Catello Maresca (pubblico ministero nelle inchieste sull’ex parlamentare e in lizza nel centrodestra), ma Diana preferisce evidenziare un altro aspetto del discorso dello scrittore. “Ringrazio Roberto per le sue parole – spiega – ma credo che lui ponga una questione che va oltre la mia persona. Saviano spesso è stato visto come un giustizialista. Adesso c‘è una novità: lui ingaggia un’iniziativa forte contro le distorsioni della giustizia e chiede anche un’assunzione di responsabilità a quei pm che talvolta si presentano come epigoni dei paladini della lotta alla criminalità. Possiamo dire, quindi, che in questo caso, Saviano assume la bandiera del garantista. C’è, dunque, un problema di una giustizia – prosegue l’ex segretario della commissione parlamentare Antimafia – che non funziona, che si erge a pregiudizio moralistico-autoritario, cioè una distorsione dello Stato di diritto, con colpe da addebitare anche al legislatore, il quale non affronta il problema della riforma: Saviano, con la forza del suo personaggio, ha evidenziato tutto ciò. Lo ringrazio ancora, quindi, per la proposta che ha avanzato sulla mia persona, ma non è tra i miei pensieri”.
L’ex parlamentare di San Cipriano d’Aversa, una vita di battaglie contro la camorra, torna, quindi, a occuparsi della cosa pubblica dopo la vicenda giudiziaria che, suo malgrado, lo ha visto protagonista e dalla quale è uscito totalmente prosciolto, con l’archiviazione delle indagini per concorso esterno in associazione camorristica e abuso d’ufficio chiesta dalla stessa Procura di Napoli. Il suo è stato un calvario difficile da dimenticare, che non ha scalfito, però, la voglia di tornare a svolgere un ruolo non facile – “Ma cosa c’è di facile nei nostri territori?”, si chiede – e che tuttavia “non potevo non accogliere”. Nella sua voce rimane l’amarezza di cinque anni trascorsi “senza la possibilità di far passare la convinzione che cambiare le cose è possibile, di alimentare la fiducia e non la rassegnazione in realtà complicate, dove la criminalità, pur duramente colpita, continua ad avere una presenza diffusa”. Tra i pensieri di Lorenzo Diana c’è ora, dunque, il suo nuovo incarico da vicesindaco nella giunta guidata da Vincenzo Ascione e l’impegno di mettere mano a uno dei simboli del potere criminale nella città oplontina. “Uno dei primi obiettivi che ci poniamo è quello del recupero di palazzo Fienga, il fortino del clan Gionta. È stato confiscato, ma ci sono circa trenta appartamenti che sono di proprietà privata. Il nostro intento è concretizzare la reale gestione del palazzo. C’è già un’intesa con lo Stato centrale per trasformarlo in una sede dove collocare gli uffici delle forze di polizia. Potrebbe essere un altro segnale concreto – conclude Diana – di come ciò che era in mano alla camorra possa passare allo Stato”.