L’ex sindaco di Marano di Napoli, Mauro Bertini, è stato arrestato questa mattina per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione. La notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno nel Comune limitrofo alla zona collinare di Napoli, dove Bertini è stato primo cittadino dal 1993 al 2006. Ad eseguire l’arresto sono stati carabinieri del Ros, che hanno dato seguito all’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Napoli, su richiesta della Dda della Procura della Repubblica partenopea.
L’inchiesta ha coinvolto, oltre a Bertini, altre due persone: Angelo Simeoli, detto o’ Bastone, e Armando Santelia, responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Marano di Napoli. Per Bertini e Simeoli la misura cautelativa in carcere è stata tramutata in arresti domiciliari, mentre Santelia ha subito la sospensione dai dai pubblici uffici per 12 mesi.
Gravi le accuse del Gip nei confronti dei tre: concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, aggravata dalle finalità mafiose. In pratica sono accusati di aver favorito il clan Polverino, operante a Marano di Napoli e nei Comuni limitrofi.
Il provvedimento restrittivo ha origine da indagini svolte dai carabinieri del reparto anticrimine di Napoli, in prosecuzione di quelle che il 24 maggio 2017 hanno portato all’esecuzione di una misura cautelare in carcere e agli arresti domiciliari di 5 persone, anche queste indagate per i reati di concorso esterno in associazione mafiosa.
All’epoca, l’attività investigativa aveva consentito di documentare come gli imprenditori santantimesi Aniello e Raffaele Cesaro, in società occulta con esponenti del clan camorristico dei Polverino e, in particolare, con il sostegno economico del boss Giuseppe Polverino, detto ‘o Barone, tra gli anni 2005 e 2006, fossero riusciti ad aggiudicarsi la concessione per l’esecuzione dei lavori di realizzazione del Piano di insediamento produttivo.
I successivi approfondimenti, sviluppati attraverso mirati accertamenti di tipo patrimoniale e bancario, a riscontro del contenuto di intercettazioni e di dichiarazioni rese dagli indagati successivamente all’operazione del maggio 2017, hanno permesso di ricostruire il ruolo avuto da parte di imprenditori e figure appartenenti all’amministrazione comunale di Marano di Napoli.
In particolare, secondo quanto emerso dalle indagini, Mauro Bertini e Armando Santelia avrebbero favorito l’aggiudicazione alla società riconducibile ai fratelli Cesaro dei lavori dell’importante opera pubblica, dal valore complessivo di oltre 40 milioni di euro. Bertini avrebbe anche ricevuto la somma di 125mila euro da parte di Aniello e Raffaele Cesaro. In tale contesto si inserisce Angelo Simeoli, imprenditore edile già a processo per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Simeoli, pienamente consapevole dell’illecito accordo, nascondeva tali operazioni nell’ambito di attività svolte da proprie società. Emetteva 5 assegni bancari per complessivi 62 mila e 500 euro, somma poi fatta avere a Bertini, a saldo di altri 50mila euro, corrisposti in contanti al primo cittadino di allora direttamente dai fratelli Cesaro.
Bertini e Simeoli sono inoltre indagati per la realizzazione, tra gli anni 2004-2006, in violazione del Prg comunale vigente, di un complesso residenziale composto da 27 appartamenti e 9 attività commerciali, edificato con l’abbattimento di una vecchia tenuta in stato di abbandono, la Masseria Galeota.
I lavori sono stati eseguiti da una società di costruzioni appartenente ad Angelo Simeoli che, al fine di ricevere le previste autorizzazioni, consegnava a Bertini una somma di denaro non quantificata. In pratica, il dirigente dell’ufficio tecnico Armando Santelia, già a processo, poi prescritto, per le relative violazioni in materia urbanistica, su direttive del sindaco Bertini, aveva consentito a Simeoli di presentare il progetto con una semplice Dichiarazione di inizio attività, al posto della necessaria concessione edilizia. Infine, contestualmente ai provvedimenti restrittivi nei confronti dei tre indagati, è stata effettuato un sequestro preventivo di beni mobili e immobili per un valore stimato in circa 1 milione di euro.
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