Non conoscono tregua le tensioni fra il gruppo Whirlpool e i sindacati italiani di categoria, nell’ambito della complessa vicenda relativa all’impianto industriale di Napoli, che la multinazionale ha annunciato di voler chiudere nel corso dell’anno corrente. La Fiom, in sinergia con Fim e Uilm, hanno indetto ben sedici ore di sciopero per tutto il personale del gruppo Whirlpool, di cui le prime otto ore si espleteranno sul territorio tramite presidi da tenere davanti ai cancelli degli stabilimenti, mentre le restanti otto ore saranno portate avanti nell’ambito della mobilitazione nazionale, prevista nel corso delle prossime settimane.
In un comunicato congiunto, diramato dopo un incontro tenutosi presso il ministero dello Sviluppo economico, le tre sigle sindacali hanno dichiarato di ritenere gravissima e inaccettabile la risoluzione dell’azienda, leader mondiale nel settore delle lavatrici, di voler chiudere i battenti della sede di Napoli a partire dal 31 marzo 2020 e, in aggiunta, di non ritenere in alcun modo sufficienti i risultati ottenuti dalla mediazione del Governo italiano, il quale è riuscito a spostare il termine ultimo della chiusura al 31 ottobre dell’anno corrente.
La crisi, come sempre accade, è così piombata sulle spalle dei lavoratori coinvolti. Non molti giorni fa, mentre trattava con il Governo per la concessione di misure favorevoli, la Whirlpool ha comunicato all’autorità di Borsa statunitense l’intenzione di dismettere la sede di Napoli. Per Tirrenia-Cin c’è la prospettiva di mille esuberi tra il personale marittimo dal 2020 e della chiusura delle sedi di Napoli e Cagliari, con il trasferimento coatto di tutto il personale nelle sedi di Portoferraio, Livorno e Milano.
Per quanto riguarda Almaviva, si è concretizzato il trasferimento di quattrocento dipendenti dallo stabilimento di Napoli a quello di Marcianise. All’Algida di Pascarola alcune sigle sindacali hanno sottoscritto un accordo, che prevederebbe una mobilità volontaria per venti persone, che si “allaccerebbero” alla pensione anticipata, mentre per nove lavoratori assunti nell’elenco delle categorie protette sarebbe previsto o il passaggio a un’altra ditta (senza però garanzie sul contratto e sugli stipendi) o il licenziamento.
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