È un colpo pesante quello inferto dalle istituzioni al clan camorristico Cuccaro Adinolfi, attivo sul territorio del quartiere Barra di Napoli. A finire in manette è stato Ciro Imperatrice, conosciuto anche come “Brutolino” o “Brodolino”, considerato uno dei vertici del sodalizio criminale. Sull’uomo, irreperibile dall’ottobre del 2019, gravava un ordine di carcerazione emesso dalla Procura generale di Napoli, in virtù di una condanna a 2 anni e 5 mesi di reclusione per il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso emessa ai suoi danni. A individuare Imperatrice sono stati i carabinieri del comando provinciale di Napoli che, dopo un’intensa e articolata attività investigativa, hanno rintracciato il latitante alle prime luci dell’alba in un’abitazione di Cupa Rubinacci, trovando l’esponente del clan Cuccaro Adinolfi nascosto all’interno di un armadio della sua camera da letto. Tratto in arresto, il latitante è stato quindi scortato presso la casa circondariale di Secondigliano.
Appena tre giorni fa, il 26 maggio, i carabinieri del nucleo investigativo di Napoli avevano dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 16 persone, ritenute esponenti di spicco del clan Polverino, sodalizio criminale che da oltre un trentennio opera nella zona di Marano di Napoli, Quarto e in diversi comuni limitrofi. Tra i fermati figuravano Vincenzo Polverino, attuale reggente dell’organizzazione, e Michele Marchesano, amministratore dell’immenso patrimonio immobiliare del clan, rispettivamente cugino e cognato di Giuseppe Polverino. Gli altri destinatari della misura cautelare erano stati Cristofaro Candela (60 anni), Luigi Cerullo (48), Alessandro De Luca (33), Raffaele Di Maro (50), Luigi Esposito (38), Diego Giarra (32), Nicola Langella (55), Felice Moraca (36), Antonio Nuvoletto (35), Nicola Raimondo (47), Giovanni Raniello (38), Raffaele Ruggiero (33), Salvatore Ruggiero (34) e Claudio Visconti (39 anni). Due ulteriori nomi di spicco che erano emersi dalle indagini erano stati quelli di Ciro Cappuccio e Armando Del Core, entrambi già condannati in via definitiva per l’omicidio di Giancarlo Siani, il giornalista del quotidiano Il Mattino barbaramente trucidato la sera del 23 novembre 1985. A carico dei due, benché non destinatari di misura cautelare perché già detenuti, erano stati raccolti numerosi elementi d’accusa riguardanti la loro trentennale affiliazione al clan Nuvoletta e il sostentamento economico che questo clan prima e i Polverino e gli Orlando poi avrebbero continuato a fornire alle loro famiglie nel corso degli anni.
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