La realizzazione è avvenuta grazie al gruppo dell’università britannica di Leeds, guidato da Efren Andablo-Reyes, e il progetto è stato, in maniera esaustiva, spiegato sulla rivista Acs Applied Materials & Interfaces. Il lavoro non è stato semplice ed è solo l’inizio di un lungo progetto che potrebbe rappresentare una svolta in ambito non solo alimentare, ma anche e soprattutto farmaceutico. La difficoltà nella riproduzione nasce dalla complessità in struttura, bagnabilità e motilità della lingua umana. Per avere un’idea di tale complessità, basta ricordare che grazie alla lingua riusciamo ad assaporare i cibi identificandone gusto e consistenza, deglutirli, parlare. Le papille gustative sono le principali responsabili dell’attrito, nonché della regolazione della lubrificazione interna della bocca a seguito del contatto tra esse e cibi, liquidi, farmaci o prodotti per l’igiene orale.
Studiarne e replicarne i meccanismi può essere determinante nella scelta dei prodotti presenti sul mercato, in quanto sappiamo bene l’importanza della “palatabilità” a seconda della quale scegliamo un cibo piuttosto che un altro, preferiamo un vino particolare e ormai anche nella scelta dei farmaci la prima domanda che viene posta a me come ai miei colleghi farmacisti al momento dell’acquisto è: “Dottoressa, ma che sapore ha?”. Passi importanti potrebbero esser fatti lungo la strada del riconoscimento di eventuali adulterazioni di solidi o liquidi, ovvero l’identificazione di sostanze aggiunte al prodotto di partenza per migliorarne le caratteristiche organolettiche o la conservazione allo scopo di “mascherarne i difetti”. Ma come nasce questa lingua sintetica?