Immagina di essere una donna occidentale di questo presente. Soffermati sulla possibilità che hai di godere delle libertà di cui sei circondata da quando sei nata, soffermati sul fatto che il tempo e il corpo puoi concepirli come ‘tuoi’, soffermati sul significato di autodeterminazione. Immagina poi di ritrovarti all’improvviso in una società in cui la dimensione dell’autodeterminazione dell’essere umano, soprattutto delle donne, viene cancellata nel nome di una causa più grande: la Causa. Immagina questo e ti ritroverai catapultato nel Racconto dell’ancella. L’autrice è Margareth Atwood, scrittrice canadese che pubblicò questo romanzo negli anni ‘80 del Novecento. Negli ultimi tempi però questo libro è tornato alla ribalta grazie ad una splendida serie Tv che offre tanti spunti ulteriori e che interpella fortemente il nostro presente.
Siamo negli Stati Uniti. ‘Prima’ esisteva un mondo devastato da inquinamento, radiazioni atomiche e chimiche e da una libertà sessuale e di genere che (per alcuni) aveva fatto perdere il filo e il senso dello stare al mondo. Figli non se ne facevano, la sterilità dilagava come una punizione divina e il mondo era sottosopra: c’era l’anarchia. Questo è il ‘passato’ da cui si dipana il presente-futuro di una nuova società, di un regime totalitario mono-teocratico di impronta biblica: la Repubblica di Gilead. In questo nuovo mondo viene cancellata la libertà, in particolare delle donne, che non hanno più la ‘libertà di’: non possono più leggere, non possono più scrivere, non sono più libere di diventare medico, infermiera, scrittrice, avvocato, ingegnere, casalinga, non hanno nemmeno la libertà di vestirsi coi colori che preferiscono.
“Esiste più di un genere di libertà, diceva Zia Lydia. La libertà di e la libertà da. Nei tempi dell’anarchia, c’era la libertà di. Adesso vi viene data la libertà da. […] Eravamo una società che moriva per troppa libertà di scelta, diceva Zia Lydia. Ora camminiamo per la stessa strada, a due per due, vestite di rosso, e nessun uomo ci grida oscenità, ci parla ci tocca, nessuno fischia”. (p. 48)
Le donne sono divise in rigidissime caste, a ognuna spetta un unico colore e a ognuna una funzione materiale che non prevede il pensiero: le ‘Nondonne’, mandate nelle Colonie a pulire le scorie radioattive, tra queste le vecchie femministe e le omosessuali; le Marte, che si occupano della gestione della casa; le Zie, kapò responsabili di educare e riprogrammare le donne al loro nuovo destino; le Mogli dei Comandanti, che hanno diritto ai figli partoriti dalle Ancelle. Protagonista della storia e voce narrante del romanzo è un’Ancella. Abito rosso porpora che ricopre tutte le parti del corpo, copricapo bianco con alette laterali per impedire la possibilità dello sguardo, capelli rigorosamente coperti. La funzione delle Ancelle è una: mettere al mondo dei figli per i Comandanti della Repubblica di Gilead che hanno mogli sterili.
Le Ancelle sono donne fertili che nel mondo di prima avevano avuto dei figli ma che non erano state ritenute ‘degne’ di essere madri, per cui nella nuova Repubblica sono state trasformate in uno strumento di procreazione: un contenitore. Le Ancelle sono solo degli uteri che respirano, per loro ogni orpello è inutile, persino la crema per idratare le mani. Al loro utero viene rivolta un’attenzione maniacale che va dalle visite ginecologiche ai bagni caldi programmati, il resto del corpo, invece, non ha alcun valore. Una mano, un piede, non sono necessari. Queste donne se incorrono in qualche ‘disobbedienza’ vengono tranquillamente mutilate di queste parti del corpo. Alle Ancelle non serve neanche avere un nome proprio, la disumanizzazione è pressoché totale perché vengono chiamate con il patronimico del Comandante cui vengono assegnate: l’ancella protagonista è infatti Difred, ossia colei che è proprietà di Fred.
L’atto sessuale che avviene tra Comandante e Ancella è anch’esso ritualizzato dal Regime. Una volta al mese, quando l’Ancella è fertile, si dispiega una cerimonia che prende le mosse da un versetto biblico della Genesi e che risulta alienata e alienante per tutti i partecipanti, per l’ancella in primis, ma anche per la Moglie e il Comandante. Tre automi che svolgono un rituale che traduce letteralmente la storia veterotestamentaria di Rachele che non poteva avere figli e che li ebbe per mezzo della sua schiava Bilha, la quale partorì tra le ginocchia della sua padrona.
Ciò che affascina e che a mio avviso incatena di questo libro non è soltanto la delicatezza e l’eleganza narrativa con cui si inanellano insieme le descrizioni di un presente disturbante e i ricordi di quel prima che affiorano all’improvviso, come luce nel buio, nella mente di Difred, ma soprattutto la sensazione che avverte il lettore della possibilità che un mondo del genere possa concretizzarsi anche nel nostro presente. La distopia non è solo un genere futuristico ma si ispira anche al già visto, a qualcosa che è accaduto e che si ha paura che possa accadere sotto forme e vesti nuove perché se ne ravvedono segnali qua e là.
L’impressione che ha il lettore è che il sovvertimento che porta al colpo di Stato e al regime religioso sia stato rapidissimo, ma non è realmente così perché già prima c’erano stati dei segnali, anche se a questi nessuno aveva dato davvero importanza perché la società era sonnolenta e stanca, troppo abituata ai diritti che aveva, al punto da darli per scontati. Ma quanto sonnolenta e stanca è anche la nostra società? Quanto diamo per scontati noi i nostri diritti nella convinzione che siano inalienabili mentre andrebbero tutelati come bene prezioso?
Come dice Massimo Recalcati è molto facile essere tentati dal fanatismo, soprattutto quando ci sono dei problemi. “Il miraggio di ogni fanatismo e quello di offrire, come contropartita di un’obbedienza assoluta, un futuro senza mancanze”, senza problemi (La tentazione del muro, p. 89). Il mondo del Racconto dell’ancella aveva dei problemi e il nostro? Nel nostro non c’è un’emergenza ambientale, non c’è bassa natalità? Nel nostro mondo non esistono situazioni in cui la mentalità e i precetti ideologici della civiltà ‘gileadiana’ sono già realtà? E questi non sono segnali che potrebbero portare a delle trasformazioni in chiave repressiva?
Non pensiamo soltanto a quei Paesi dove sono istituzionalizzate restrizioni dei diritti civili nei confronti delle donne, come alcuni Paesi musulmani, o a quelle piccole comunità religiose estremiste di impronta ebraica o cristiana degli Stati Uniti, ma pensiamo anche alle nostre avanzate democrazie occidentali, dove la colpevolizzazione delle vittime e l’esaltazione del machismo sono assai frequenti e molto spesso condivise anche dalle donne stesse. Senza andare a scomodare i fatti della più recente cronaca, pensiamo solo a quanto sembra essere uscita da un post di fb questa frase del libro. “Che spettacolo le donne davano di sé! Si oliavano come carne da arrostire allo spiedo, schiene e spalle nude, per strada, in pubblico, e le gambe, senza neppure le calze, non c’era da meravigliarsi che succedessero certe cose. […] Cose che non succedono alle donne come si deve!” (p. 78)
Incubo? Per molti di noi sì, ma per altri (per tutti quelli che pensano che la donna sia colpevole nell’esercizio delle sue libertà, colpevole nel suo diritto a lasciare un uomo, a indossare una minigonna, a non fare figli, colpevole se viene stuprata), un mondo del genere è quasi un’utopia verso cui tendere. Ma chi desidera l’Ordine calato dall’alto, un ordine che metta tutto al sicuro e che ti libera dal rischio e dall’imprevedibilità della libertà, è davvero convinto che un mondo del genere sia davvero migliore? È davvero convinto che la cessione totale della libertà e della scelta nel nome della sicurezza sia davvero vita?
In questo libro, ma a mio avviso soprattutto nella serie Tv, si vedono vacillare anche i più accaniti sostenitori del Regime proprio perché ogni fanatismo annulla l’individuo nella sua unicità e può eliminare in ogni momento anche i suoi più zelanti rappresentanti, se questi fanno emergere la vita al posto dell’idea. Questo libro e la serie sono pertanto prodotti da incontrare e attraversare perché possono far capire e sentire sulla pelle in quali rischi possono incorrere anche le più collaudate democrazie occidentali.
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