Il professor Massimo Recalcati nel piccolo ma densissimo saggio La notte del Getsemani (Einaudi, 2019) affonda il suo sguardo nella notte più nera delle notti dell’umanità, quando cioè Gesù mostra il suo volto più radicalmente umano perché sente addosso, per la prima volta, un sentimento di paura, di angoscia per il suo ‘destino di morte’.
In questo testo si dipanano più riflessioni: dal tradimento di Giuda a quello di Pietro, figura che in qualche modo rappresenta tutti noi che a volte non abbiamo il coraggio del nostro amore, che a volte sbagliamo, tradiamo, ma che a partire dalle lacrime, ripartiamo e ricostruiamo su una nuova ‘pietra’ il nostro amore.
La parte più affascinante del testo però è, a mio avviso, quella relativa alle riflessioni del professore sulla preghiera di Gesù, un momento della vita di Cristo assai singolare e forse di non facile comprensione sia per il fedele sia per chi guarda a questa scena con occhi laici.
Gesù nella notte del Getsemani si rivolge a suo Padre in una disperata, accorata preghiera: – Abbà! Padre – (Mc 14, 36), dice un Gesù prostrato, con la faccia a terra. Nella notte più nera, nel momento prima del dolore fisico della Passione, Cristo prova l’angoscia della morte ed è ‘solo’.
La preghiera di Gesù appare come un grido che rompe il silenzio della notte, ma resta inascoltato: il Padre non risponde. Un fedele che legge questi passi del Vangelo non può non restare sconcertato di fronte a tale silenzio. Gesù chiede a suo Padre di allontanare, se possibile, quel calice. Ma Dio non risponde.
Come non sentirla addosso questa scena? Quante volte il silenzio di Dio ci pesa di fronte alle ingiustizie del mondo, quante volte le preghiere dell’uomo restano un grido inascoltato che si perde nel silenzio della notte?
Recalcati in questo testo mette in luce tutto il paradosso del Cristianesimo. Eppure, in questa preghiera non c’è solo questo paradosso. Il merito di Recalcati sta nell’aver intravisto due ‘posture’ diverse nella preghiera di Gesù, al punto che si può parlare di due preghiere diverse.
Il silenzio di Dio, sostiene il professore, causa un buco dal quale scaturisce una nuova postura: Cristo assume su di sé il suo destino e così ‘dona’ se stesso, senza riserve. Recalcati è uno psicanalista e, in quanto tale, prova a fornire una lettura della notte del Getsemani diversa rispetto a quella di un biblista, allo stesso modo i tanti lettori di Recalcati cercano nelle sue parole riflessioni per comprendere se stessi e gli altri.
Cosa legge dunque nel Getsemani il lettore di Recalcati? Se Dio è silente e se Cristo, nel suo essere uomo, ha mostrato a tutti noi che il Padre non risponde, cosa ne ricaviamo noi, comuni mortali? Che nel mondo siamo soli e abbandonati?
Al di là della commozione verso l’angoscia di Cristo che ce lo rende così prossimo e così simile nella sua vulnerabilità, penso che dalla notte del Getsemani il lettore possa ricavare un unico grande insegnamento, ossia che le nostre scelte sono veramente nostre solo se ci assumiamo fino in fondo la responsabilità verso ciò che siamo, verso il nostro desiderio. Se dipendiamo dalla legge dell’altro viviamo nel sacrificio, se invece ci assumiamo tutte le responsabilità, fino in fondo, delle nostre vite, del nostro desiderio più profondo e del nostro talento, allora la nostra vita è davvero nostra.
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