Troppe scadenze incombenti, troppi pagamenti arretrati, un futuro che appariva fosco e una stabilità economica compromessa a tal punto da apparire irrecuperabile. Questi alcuni dei pensieri che affollavano la mente di Antonio Nagaro, cinquantasettenne imprenditore di Cercola, comune della città metropolitana di Napoli, che si è tolto la vita impiccandosi all’interno di uno dei capannoni dell’azienda di cui era titolare. Con la propria ditta, le cui strutture sorgevano nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, la zona industriale del capoluogo partenopeo, Nagaro si occupava con successo dell’allestimento di negozi di ogni tipologia e riceveva commissioni in gran numero sia sul territorio regionale, sia in altre parti d’Italia. Un business di successo, frenato in maniera brusca e inaspettata con l’insorgere dell’emergenza epidemiologica da Coronavirus, la quale aveva azzerato i profitti senza, tuttavia, porre un freno alle spese e ai pagamenti che, una volta rientrato in attività dopo due mesi di stop totale, l’imprenditore ha ritrovato inesorabilmente sulla propria scrivania.
Una situazione insostenibile che, dopo appena due giorni di riapertura, ha spinto Nagaro a compiere un gesto estremo. A dare l’allarme sono stati, nella serata di ieri, i familiari dell’imprenditore. Preoccupati dal fatto che l’uomo non avesse fatto ancora ritorno a casa e non rispondesse al cellulare, hanno raggiunto la sede della società, trovando la sua auto in loco e la luce dell’ufficio ancora accesa. A quel punto, i parenti dell’imprenditore hanno allertato i vigili del fuoco che, arrivati sul posto, hanno forzato la porta d’ingresso e sono penetrati all’interno della struttura, ritrovando il corpo senza vita dell’uomo e, a poca distanza, una lettera d’addio. Sulla vicenda ha aperto un’inchiesta la Procura di Napoli, che ha disposto il sequestro del materiale ritrovato e sta cercando in queste ore di ricostruire le dinamiche esatte dell’accaduto.
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