Un terreno che si estende per oltre 35mila metri quadrati nel quale sono stati interrati, per chissà quanto tempo, copiose quantità di rifiuti. È questo il grave scenario portato alla luce dai carabinieri forestali della stazione di Marigliano, intervenuti sul territorio di Pomigliano d’Arco, in località Masseria Chiavettieri, assieme al personale dell’Arpac e dell’Asl Napoli 3 sud. A seguito delle segnalazioni pervenute da diversi residenti del luogo, la task force ambientale ha ispezionato il grosso appezzamento di terreno segnalato, delimitato da via Rossellini, via Mercadante e da via Vittorio De Sica, il quale presentava dei rialzi anomali rispetto al livello del manto stradale, che in alcuni casi raggiungevano i tre metri di altezza. Ad un’ispezione ravvicinata, i militari hanno potuto rilevare come le piccole montagnole altro non fossero che il risultato di una estesa attività di sversamento illecito di rifiuti, anche bruciati, derivati principalmente da attività di costruzione e demolizione: pneumatici fuori uso, imballaggi in plastica, legno ferro e acciaio erano mischiati con traversine ferroviarie e guaine bituminose, questi ultimi due catalogati come rifiuti speciali pericolosi. Il terreno è stato prontamente messo sotto sequestro per smaltimento illecito di rifiuti, discarica abusiva e combustione illecita di rifiuti.
Solo alcuni giorni fa, il 29 febbraio, gli uomini del comando provinciale della Guardia di finanza di Napoli hanno sequestrato un’area di 1.150 metri quadrati sita sul territorio di Ercolano, non lontano dal sito di Pomigliano. Sull’appezzamento di terra erano posti un capannone, tre locali e un container, utilizzati come luoghi di stoccaggio e contenenti circa 63 tonnellate di rifiuti speciali, costituiti in gran parte da indumenti usati non sanificati e scarti di lavorazione. Il titolare dell’attività, un 49enne originario di Torre del Greco, è stato denunciato all’autorità giudiziaria per aver allestito il sito senza le previste autorizzazioni, e ora rischia l’arresto e una condanna da tre mesi a un anno oppure un’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro, trattandosi di rifiuti non pericolosi.
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