Con il 69,94% di Sì, pari a 17.168.498 voti, gli italiani hanno deciso per il taglio del numero dei parlamentari. Il referendum sulla modifica agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione è passato con largo margine, lasciando al No soltanto il 30,36% dei consensi, corrispondenti a 7.484.940 elettori. Essendo un referendum di natura costituzionale non era necessario il raggiungimento del quorum. Alle urne si è recato il 53,84% degli aventi diritto, ovvero 24.993.020 persone, un risultato inferiore rispetto all’analoga ultima consultazione referendaria riguardante la riforma Renzi-Boschi del 2016, quando andò a votare il 65% degli elettori. Le schede nulle sono state 128.397, mentre quelle bianche 210.862. La vittoria del Sì conferma, quindi, il voto del Parlamento sulla riduzione del numero dei membri nelle due assemblee rappresentative che lo compongono: alla Camera dei deputati passeranno da 630 a 400, mentre al Senato della Repubblica da 315 a 200. La vittoria del No avrebbe lasciato, naturalmente, tutto invariato.
Passando dai dati nazionali a quelli riguardanti la Campania, in regione il successo del Sì è stato ancora più ampio. Il 77,4% dei campani che si sono recati alle urne ha espresso il voto favorevole alla riforma, esprimendo 2.087.312 preferenze a favore, mentre il No ha ottenuto soltanto il 22,59%, corrispondente a 609.290 elettori. Più alta, rispetto a quella dell’intero territorio nazionale, è stata anche la percentuale dei votanti: in Campania, infatti, è andato ai seggi il 61,01% degli elettori, pari a 2.772.802 persone. Il dato favorevole al Sì è confermato dalle notizie provenienti dalle cinque province, con percentuali schiaccianti che non lasciano spazio a ulteriori commenti. Avellino è la provincia nella quale si è avuto la maggiore percentuale di votanti, il 66,76%, mentre Napoli con il 58,14% si conferma quella col minore afflusso ai seggi.

Il referendum costituzionale sulla riduzione dei parlamentari chiude, quindi, una parte del dibattito politico che ha visto i partiti confrontarsi, spesso aspramente, su un tema che in Italia è da sempre divisivo. La campagna elettorale è partita in sordina, sopraffatta dalle polemiche sulle regionali, ma nell’ultima settimana prima del voto ha subito un’impennata d’interesse. I comitati per il No e per il Sì hanno aumentato gli sforzi per convincere gli elettori delle loro ragioni, ma soprattutto sono aumentati i pareri e le dichiarazioni di voto di molti esponenti della politica e della cultura, nonché dei costituzionalisti. I leader dei partiti di maggioranza si sono espressi in maniera chiara per il Sì, mentre le opposizioni, in particolare Lega e Fratelli d’Italia, pur confermando il voto favorevole, hanno puntato di più sulle regionali, quasi minimizzando la consultazione referendaria. La vittoria del Sì apre, dunque, la discussione non soltanto su una nuova legge elettorale, che necessariamente dovrà essere approvata per evitare una minore o quasi nulla rappresentanza dei territori più piccoli (ad esempio, Valle d’Aosta e Molise), ma è vista da alcuni tra i maggiori partiti come l’inizio di una stagione di riforme. Vedremo se e come avverranno.
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