Continuano a infuriare le polemiche e a inseguirsi le ironie (in particolare sui social network) a proposito della nuova identità visiva della Reggia di Caserta, presentata mercoledì con una conferenza stampa virtuale dal direttore generale del complesso storico-monumentale vanvitelliano, Tiziana Maffei. A far discutere, in particolare, è il nuovo logotipo che, nelle note ufficiali, viene definito come “realizzato con un carattere tipografico fedele agli stilemi vanvitelliani, con una trascrizione attuale, contemporanea e durevole“. Si tratta delle lettere “R” e “C”, da intendersi come iniziali di “Reggia” e “Caserta”, ma anche di “Re Carlo” e “Real Casa”, con utilizzo di colori primari che, a quanto si può leggere sul nuovo sito della Reggia di Caserta, “si rifanno allo stemma dei Borbone: il blu, per la voce istituzionale; l’oro, per la suggestione del percorso museale“.
Con un iter amministrativo iniziato oltre un anno fa (e formalizzato con l’atto di affidamento diretto del 17 giugno 2019) sotto il direttore ad interim (e attuale direttore generale dei musei al Mibact) Antonio Lampis, coerentemente con le indicazioni contenute nel nuovo regolamento interno della Reggia “per l’affidamento ed esecuzione di lavori, servizi e forniture per importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria“, questo “servizio di organizzazione del racconto museale” (così viene definito nella determina di giugno 2019) è stato realizzato da un’agenzia di nome Sigla, con sede a Levata, una frazione del comune di Curtatone, in provincia di Mantova, con affidamento diretto secondo il criterio della migliore offerta per una cifra pari a 37.500 euro. Sia detto subito, a scanso di equivoci, che non deve destar scandalo l’entità della somma stanziata – assolutamente ragionevole, anzi – per la realizzazione della nuova identità visiva, poiché è giusto pagare in modo adeguato chi lavora, nel campo del graphic design come in qualsiasi altro, ancor di più se poi i risultati sono soddisfacenti.
Dopo la fine dell’interim di Lampis e l’insediamento della Maffei, dunque, è toccato a quest’ultima nei giorni scorsi presentare il progetto. E per lei, col nuovo brand “abbiamo fatto emergere i caratteri profondi che connotano la Reggia di Caserta. La sua storia, che nasce dalla visione di un monarca; la sua arte, capace di diventare paesaggio; la sua cultura, che si trasforma in valore di produttività nel campo artistico, manifatturiero e sociale“. Le fa eco Valeria Di Fratta, funzionario della promozione e comunicazione del sito casertano: “La parola chiave di questo progetto creativo è ispirazione. Non era semplice trovare un segno che racchiudesse le molteplici identità di questo complesso monumentale. Abbiamo effettuato un’analisi dell’identità visiva attuale, del posizionamento a livello internazionale, dell’efficacia del brand, della qualità degli strumenti di comunicazione, della chiarezza e correttezza delle informazioni ai visitatori“. Ed entra ancora di più nei dettagli tecnici Tiziano Prati, l’amministratore delegato dell’agenzia Sigla: “Il nome diventa logo. La parola Reggia è protagonista, attraverso una distribuzione diversa dei pesi, per sottolineare l’unicità e il valore internazionale della Reggia, ma non dimenticando Caserta. Dall’unione armonica delle due iniziali R e C è nato un monogramma forte e sempre coerente al logotipo da cui trae ispirazione“.
E allora? Come mai tutte queste polemiche? Un aiuto può giungere da un sito specializzato molto stimato come Artribune, che in un articolo dedicato all’argomento scrive, senza mezzi termini, che il nuovo logo “appare con caratteri che sembrano né ‘vanvitelliani’ – e quindi storici – e nemmeno contemporanei. Forse un approccio grafico che poteva essere contemporaneo negli anni Novanta“. D’altra parte, l’articolo lascia poco spazio all’immaginazione fin dal titolo: La Reggia di Caserta presenta il nuovo logo. Talmente brutto che partono le parodie. E, in effetti, in questi giorni i social abbondano di riletture parodiche del lavoro dell’agenzia Sigla, da parte di tanti grafici professionisti, ma anche di studenti e di laureati di corsi universitari in Graphic Design o in Comunicazione. Tante le chicche: da “Mi ricorda un caseificio” a “Rimanda al logo di un hotel a 4 stelle“, da “Mi fa venire in mente Reggio Calabria” a “Sembra il logo di una catena di alberghi“, “Ricorda il marchio di una villa in affitto per matrimoni” o “Ma è l’insegna di un residence?” e via ironizzando. Tra i docenti della scuola di Design della comunicazione dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, per esempio, s’è sviluppato un forte dibattito pensando anche a quanti bravi professionisti presenti sul territorio campano avrebbero potuto realizzare un lavoro di qualità superiore.
Da parte sua, l’amministratore delegato dell’agenzia mantovana Sigla, Tiziano Prati, ha provato a difendersi in un’intervista alla Gazzetta di Mantova di ieri: “Si è trattato di una polemica sinceramente forzata – ha spiegato al quotidiano lombardo – perché si è guardata la punta di un iceberg, il solo monogramma, senza tenere conto della complessità dell’intero progetto. Lo stesso monogramma va visto all’interno del logotipo da cui trae origine, che è quello che caratterizza l’immagine grafica della Reggia“.