È di poche ore fa la notizia della stretta del presidente degli Stati Uniti Donald Trump sull’immigrazione e già sono piovute critiche, anche da potenti nomi di aziende americane. Trump ha congelato mezzo milione di green card e visti d’ingresso per i lavoratori stranieri. L’obiettivo del presidente degli Stati Uniti è quello, attraverso un ordine esecutivo che sarà in vigore dal 24 giugno, di liberare posti di lavoro per gli americani, secondo il suo parere colpiti in modo considerevole durante questi mesi di pandemia e lockdown. Da domani, quindi, fino alla fine dell’anno saranno bloccati i visti per i lavoratori stranieri, senza distinzione di posizione o ruolo: anche la fascia più qualificata ha ricevuto lo stesso trattamento. Bloccato per questo 2020 il programma degli H1-b, ovvero i permessi destinati al personale qualificato delle aziende hi-tech; i visti H.2b, cioè i lavoratori stagionali non agricoli; i visti J-1 per gli scambi culturali; i visti L-1 per manager e altri dipendenti chiave delle multinazionali.
Proprio le multinazionali hanno espresso forte dissenso verso le decisioni del presidente americano, protestando a favore della diversità culturale che caratterizza le loro fila e, in generale, il comparto economico degli Stati Uniti. Colossi come Amazon, Google e Twitter continuano a stare a fianco degli immigrati ed esprimono ad alta voce – o meglio, ad alto cinguettio – il disaccordo con l’ordine esecutivo di Trump. Sundar Pinchai, amministratore delegato di Google dal 2015, ha usato i suoi 280 caratteri per proporre il suo punto di vista – da indiano naturalizzato statunitense – sulla vicenda. “L’immigrazione – si può leggere nel tweet – ha contribuito enormemente al successo economico dell’America, rendendola leader globale nel mondo della tecnologia. Google è l’azienda che è oggi grazie all’immigrazione. Sono deluso dall’annuncio di oggi, continueremo a stare a fianco degli immigrati e a lavorare per creare opportunità per tutti”.
Jessica Herrera-Flanigan, vicepresidente di Twitter per le politiche pubbliche e la filantropia, ha rilasciato alcune dichiarazioni a Business Insider, sito web d’informazione statunitense, affermando che “questa decisione danneggia la più grande risorsa economica americana: la sua diversità. Persone da tutto il mondo vengono qui per unirsi alla nostra forza lavoro, pagando le tasse e contribuendo alla competitività degli Stati Uniti a livello globale”. Nonostante la marea di dichiarazioni a supporto dell’immigrazione – anche da parte di immigrati stessi che sono diventati elementi cruciali dell’ingranaggio economico degli Stati Uniti – il presidente Trump non sembra voler tornare indietro, lasciando così in cattive condizioni per altri sei mesi più di 500mila lavoratori stranieri.
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