Comincia ad assumere i tratti ben definiti di un profondo dramma umano la vicenda di Daniela Piscione, la studentessa trentenne che, nella mattinata del 24 gennaio, è morta precipitando dall’ultimo piano del parcheggio multilivello del campus universitario di Fisciano, in provincia di Salerno. I dati raccolti nel corso delle ultime ore dagli inquirenti, infatti, non lasciano alcuno spazio ad interpretazioni diverse da quello di un gesto volontario e premeditato: la giovane sarebbe arrivata nell’Ateneo con la precisa intenzione di togliersi la vita.
Daniela, che non era più iscritta all’università dal 2012, a causa di alcuni problemi di salute, si era diretta verso il campus con i mezzi pubblici dalla sua abitazione di Centola, nel Cilento, dopo aver raccontato ai genitori che si sarebbe incontrata con alcune amiche che ancora frequentavano quell’università. Quelle amiche, purtroppo, si ritiene non esistessero nemmeno; il profilo umano che emerge dalle dichiarazioni dei genitori e dei conoscenti è quello di una ragazza introversa, immersa in una solitudine profonda e con notevoli difficoltà a intrecciare rapporti umani, peggiorati da uno stato di sofferenza psicologica che, oramai da molto tempo, veniva arginato con l’assunzione di farmaci.
Dopo essersi congedata dal padre, che l’aveva accompagnata in auto alla stazione ferroviaria di Centola-Palinuro, Daniela sarebbe infine giunta a Fisciano attorno alle ore 11 e, senza perdere tempo, avrebbe tirato immediatamente dritto verso l’ultimo piano del parcheggio dell’Ateneo. Un percorso, ricostruito grazie alle immagini delle telecamere a circuito chiuso presenti nel campus, che non lascia trasparire molti dubbi sulla volontà della studentessa di porre fine alla propria vita. Un epilogo tragico che, per un’oscura e inquietante coincidenza, si è consumato ad appena cinque metri di distanza da quello, identico nella dinamica, di Ayoub Namiri, studente ventunenne di origine marocchina che da quello stesso edificio si era lanciato nel dicembre del 2017.
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