“Non avere un tribunale pronto a dare risposte è un danno economico per la collettività”. Dopo le affermazioni del penalista Felice Belluomo, precedute da quelle del presidente della Corte d’appello di Napoli Giuseppe De Carolis di Prossedi durante l’apertura dell’anno giudiziario, il presidente della Camera civile Carlo Maria Palmiero pone l’accento su un’altra conseguenza nata dalla delicata situazione in cui versa il Tribunale di Napoli Nord, evidenziando anche la necessità di ulteriori contenitori, oltre al castello Aragonese.
Avvocato Palmiero, i problemi del Tribunale di Napoli Nord ricadono anche sui processi civili. Quali sono le maggiori difficoltà?
“Il Tribunale di Napoli Nord ad Aversa è nato per la necessità di sgravare Napoli dalla enorme mole di lavoro. Oltre all’Agro aversano, quindi, ha competenza su realtà come Caivano, Casoria, Frattamaggiore, Afragola, Giugliano in Campania e le rispettive zone industriali. La presenza del tribunale ha portato, dunque, ricchezza non solo giuridica, ma economica in questo territorio. Molti colleghi, infatti, hanno iniziato a trasferirsi, ad aprire degli studi e Aversa è diventata la città del tribunale. È chiaro, però, che ci troviamo con una pianta organica non corrispondente al carico di lavoro. Tra l’altro, come Camera civile, nello scorso giugno, abbiamo favorito un incontro tra il sindaco Alfonso Golia e il capo dipartimento del ministero della Giustizia. Ci siamo recati a Roma, assieme al comandante dei vigili urbani e al collega Alfredo di Franco, per illustrare la possibilità di dare ulteriori contenitori al tribunale, in particolare l’ex convento di San Domenico, negoziando la possibilità di delocalizzare il carcere all’esterno delle mura cittadine. Questo incontro, purtroppo, non ha avuto seguito, ma speriamo che con il nuovo ministro si possa riprendere il discorso. Napoli Nord, dunque, è oberato di contenziosi. Ciò significa che se prima i magistrati lo consideravano sede privilegiata, ora possono anche non avere più interesse a rimanere”.
Anche per le controversie civili, quindi, c’è il problema delle cause molto lunghe?
“Per quanto riguarda il civile, durante il lockdown siamo comunque riusciti a lavorare, al contrario di altri tribunali. Ciò non cancella il fatto che il personale è insufficiente e anche quello magistratuale è inadeguato per numero. Sicuramente questo comporta un allungamento dei tempi. In concreto: per completare una causa civile ci vogliono, in media, sei udienze; se, tra un’udienza e l’altra, passano due mesi, in un anno, massimo un anno e mezzo, si riesce a svolgere il giudizio. Ma se il magistrato è oberato di lavoro e ti sposta l’udienza, ad esempio, fra cinque mesi, si rallenta tutto, con conseguenze anche per noi avvocati, perché il cliente, invece di vedere definita la causa, si lamenta del mancato risultato. Il contenzioso civile è molto ampio e non avere un tribunale pronto a dare risposte è un danno economico per la collettività. Lo Stato, invece di pagare per l’eccessiva durata dei processi, farebbe meglio a investire in personale magistratuale e di cancelleria. I problemi fondamentali provengono da un personale sottostimato in relazione alla quantità di lavoro”.
In quali settori del comparto civile ci sono maggiori ritardi?
“L’affanno c’è sul diritto previdenziale, quindi le cause nei confronti di Inps e Inail, sui contenziosi riguardanti il diritto del lavoro, sulla durata delle esecuzioni mobiliari, in generale un po’ su tutti i settori del civile. C’è chi, comunque, riesce a mantenere una buona produttività e altre realtà, invece, in cui emerge la difficoltà a dare risposte rapide. In ogni caso, anche dove la carenza di personale si fa sentire di più, non posso dire che a Napoli Nord si batta la fiacca: fanno quello che possono. Ma quando, finiti gli aiuti della pandemia, inizieranno i problemi per i licenziamenti, l’indebitamento delle famiglie o il fallimento delle imprese, ci sarà bisogno di una giustizia che funzioni al meglio. L’allarme, però, non è solo sul tribunale, ma anche sul Giudice di pace, che è intenzionato a diventare circondariale. Adesso ci sono le sezioni distaccate di Casoria, Frattamaggiore, Afragola e Marano di Napoli, ma tutto dovrà convergere ad Aversa e anche in questo caso si porrà il tema del contenitore adeguato. Qualcuno si faccia carico dei fondi del Recovery plan: oltre a migliorare l’efficienza della giustizia, investendo nei sistemi informatici, aumentando il personale amministrativo e giudicante e adeguando le sedi giudiziarie, dovrebbe servire anche a recuperare gli immobili trascurati nel centro storico aversano”.
Anche lei pensa che ci sia stata una volontà di sminuire l’importanza di Napoli Nord rispetto ad altri tribunali?
“Non lo so, so solo che all’inizio i colleghi napoletani hanno mal digerito l’esodo ad Aversa, però, col tempo, un certo equilibrio si è trovato. Sicuramente, però, i disagi rimangono quando la città non riesce a offrire soluzioni ai problemi quotidiani: parcheggi, strutture, collegamenti interni con la stazione e la metropolitana. C’è bisogno, quindi, di una visione complessiva, di sistema. Il tribunale è un presidio di regolamentazione di conflitti, ma è anche un volano economico”.

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