La zeppola di San Giuseppe è un dolce amatissimo in Campania e non solo. Ha quasi l’aspetto di una nuvola fatta di pasta choux fritta o al forno, farcita con crema pasticcera e decorata da un’amarena sciroppata. La parola zeppola deriverebbe dal latino “serpula”, ossia serpente, per la sua forma aggrovigliata. Altri rinviano al termine “zeppa”, il pezzo di legno usato per correggere eventuali difetti dei mobili, ciò che faceva San Giuseppe, che era un falegname.

Ma la sua etimologia sarebbe da collegare alla figura dello “zeppolaro di strada“, figura della tradizione napoletana intenta a friggere dolci tra i vicoli di Napoli . Anche Goethe, dopo una visita a Napoli scrisse :”Oggi era anche la festa di S. Giuseppe, patroni di tutti i frittaroli, cioè venditori di pasta fritta…sulle soglie delle case, grandi padelle erano poste sui focolari improvvisi”. Nel 1700, questo dolce assunse la forma che conosciamo oggi, probabilmente grazie a delle suore. Non si sa se siano state le monache di San Basilio del Monastero di San Gregorio Armeno o quelle dello Splendore e della Croce di Lucca,anche se la prima ricetta ufficiale risalirebbe al 1837 ed è attribuita al gastronomo Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, il quale la inserì nel suo trattato “La Cucina Teorico Pratica”.
Da allora la zeppola di San Giuseppe al fianco della pastiera napoletana, del babà e della sfogliatella, è diventata uno di quei dolci che nel corso degli anni hanno smesso di essere stagionali, anche se il periodo di forte richiesta è quello della Festa del Papà (19 marzo) o quello di Pasqua. Purtroppo negli ultimi tempi, proprio in questi periodi dell’anno, si sta assistendo a rincari da record, una vera follia speculativa ,che vede la zeppola di San Giuseppe raggiungere costi decisamente improponibili: una zeppola classica con crema e amarena a Napoli non costa meno di 3 euro.
Qualcuno, però, è andato anche oltre: una zeppola crema e amarena a 4,50 euro è probabilmente troppo. Eppure ci sono alcune rinomate pasticcerie napoletane che sono andate oltre la soglia standard dei 3-3,50 euro. Addirittura qualcuno propone la variazione con l’onnipresente pistacchio a 5,50 euro o con crema al cioccolato kinder a 6 euro. Giusto? Sbagliato? Maggiore è la domanda, maggiore il costo? Colpa della crisi internazionale, dell’aumento del costo delle materie prime e dell’aumento dell’inflazione? I pasticcieri, dal canto loro sostengono che è il costo minimo da proporre al dettaglio per garantirsi un minimo margine di guadagno.
