Non è semplice, non è facile, però ci prova. Con 156 voti al Senato Giuseppe Conte ha ottenuto la maggioranza, ma non può governare: gli sgambetti e le trappole sono dietro l’angolo, il presidente del Consiglio lo sa e azzarda una manovra per mettere definitivamente fuori dai giochi Matteo Renzi. Ha poche settimane di tempo, forse giorni, per blindare la maggioranza in tre step: un nuovo gruppo centrista a palazzo Madama, un programma di fine legislatura da proporre ai partiti della coalizione e chiudere il non facile percorso con un rimpasto. Lo scenario descritto non prevede il Conte-ter, visto come fumo negli occhi da Partito Democratico e Movimento 5 Stelle. Al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il premier aveva già probabilmente accennato le sue intenzioni nell’incontro avuto poco prima del passaggio parlamentare, prevedendo, come la maggior parte degli addetti ai lavori, l’esito del voto al Senato. Dopo il vertice di maggioranza tenutosi questa mattina in videoconferenza, Conte lo ha ribadito al Capo dello Stato nel colloquio iniziato oggi alle 18.30. Da “arbitro discreto ma non silente”, come ebbe a dire tempo fa a degli studenti in visita al Quirinale, Mattarella attenderà, dunque, la conclusione dell’iter proposto dal presidente del Consiglio per la soluzione della crisi, ma i tempi sono stretti.
Non semplice e non facile, quindi, ma la manovra per blindare il Governo è l’unica strada che Conte intravede per proseguire il suo mandato. Dei tre step programmati il più difficile è proprio il primo. Mentre alla Camera dei Deputati la maggioranza rimane ben solida, al Senato i numeri ballano. Mattarella, al contrario, ha chiesto che il Governo si regga su numeri certi e Conte la certezza può ottenerla solo con la nascita di un nuovo gruppo a palazzo Madama (minimo dieci senatori). “Volenterosi”, “costruttori” o “responsabili” che siano, il presidente del Consiglio ne ha tratteggiato il profilo, limitato alle tre famiglie politiche di tradizione europeista: popolare, liberale e socialista, “contro le derive nazionaliste e le logiche sovraniste”. Un modo per attirare a sé altri transfughi da Forza Italia, l’Udc e quella parte di Italia viva che nutre dubbi sulle mosse di Renzi. Il percorso è già in parte iniziato con il voto favorevole degli ex berlusconiani Mariarosaria Rossi e Andrea Causin e del socialista Riccardo Nencini (al momento, però, ancora nel gruppo di Iv), ma la strada per ampliare i numeri della maggioranza è lunga, tortuosa e in salita. Se l’avvocato dovesse giungere alla meta del primo “gran premio della montagna”, gli altri due potrebbero raffigurarsi come salite sì, ma di collina. Il rilancio sul programma avrà come punti cardine il Recovery plan e la legge elettorale, mentre il rimpasto non potrà non tener conto delle nuove forze presenti in maggioranza (il ministero dell’Agricoltura all’Udc?) e delle richieste del Pd per ottenere un dicastero “pesante” (i rumors parlano del vicesegretario Andrea Orlando alla Giustizia). Il tutto, però, sotto l’occhio vigile di Sergio Mattarella, pronto a fare la sua parte se Conte dovesse fallire nei suoi intenti.