Prosegue la campagna “Libera di abortire”: per l’aborto libero e sicuro
Domenica 8 ottobre la collettiva "Officina Femminista" raccoglierà le firme sulla nuova proposta di legge per tutelare il diritto all'aborto; un diritto che a 45 anni dall'introduzione della Legge 194/78 non è mai stato realmente riconosciuto in Italia
Domenica 8 ottobre, dalle 15:00 alle 22:00, presso la sede della collettiva Officina Femminista, in via San Salvatore 17 a Orta di Atella, in provincia di Caserta, sarà possibile firmare per sostenere la proposta di legge di iniziativa popolare sul diritto all’aborto promossa dalla campagna Libera di abortire. Sono passati 45 anni dall’introduzione della Legge 194/78 che ha regolamentato l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), ma ciò non è bastato per garantire de facto il diritto all’aborto. L’obiettivo della campagna è quello di superare e rinnovare la vecchia Legge 194, ormai obsoleta, per introdurre il tema dei diritti riproduttivi e della loro tutela affinché si possa intervenire concretamente in tutti gli ambiti che riguardano l’interruzione di gravidanza, dalla formazione del personale sanitario all’obiezione di coscienza passando per la facilitazione di accesso ai consultori.
Abortire in Italia è legale dal 1978, tuttavia l’interruzione volontaria di gravidanza può avvenire solo entro la nona settimana di gestazione e in regime di day hospital. Si tratta di una delle modalità di aborto più restrittive presenti in Europa, dove il limite è in media di 14 settimane, in conformità con le linee guida stabilite dall’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità. Ad aggravare questa situazione contribuisce l’alta percentuale di medici obiettori di coscienza. Secondo gli ultimi dati forniti dal Ministero della Salute il tasso degli obiettori tra il personale sanitario è del 64%, questo vuol dire che più di 6 medici su 10 sono obiettori. Tali restrizioni hanno permesso la proliferazione della pratica pericolosissima dell’aborto illegale, con gravi ripercussioni sulla salute di chi lo effettua. Stando alle stime del Ministero, ogni anno sono circa tredicimila le donne che in Italia ricorrono all’aborto clandestino, cioè il 15% degli aborti totali. Ciò accade perché l’accesso all’aborto, nel nostro Paese, resta estremamente difficoltoso.
A questi numeri si aggiungono migliaia di pazienti costrettə a migrare da una provincia o da una regione all’altra per ricevere le cure e le prestazioni di cui hanno bisogno per abortire. Una situazione che diventa ancor più problematica nelle regioni del Sud Italia, dove non solo si registra una grave carenza di strutture sanitarie, ma dove anche il numero dei medici obiettori risulta essere ben al di sopra della media nazionale ed europea. In Campania, per fare un esempio, secondo le ultime rilevazioni effettuate dall’ISS – Istituto Superiore di Sanità, si registra oltre il 70% di medici obiettori, mentre appena il 30% delle strutture ospedaliere campane pratica regolarmente l’interruzione volontaria di gravidanza, a fronte di una media nazionale del 60%. Anche per quel che riguarda il diritto alla salute, quindi, abbiamo di fronte un’Italia spaccata a metà, con le regioni del Mezzogiorno a fare da fanalino di coda in Europa. È una situazione a dir poco ignobile e vergognosa.
Va infine rilevato un altro paradosso tutto italiano: solamente il 30% degli aborti avviene con metodo farmacologico, ossia attraverso la somministrazione della pillola abortiva RU846, e questo a causa della scarsa reperibilità e disponibiltà del farmaco. Per ottenerla, infatti, bisogna compiere una vera e propria maratona ad ostacoli, tra lungaggini burocratiche e ostruzionismo della sanità regionale. Il restante 70% degli aborti viene ancora effettuato mediante operazioni tradizionali come l’aspirazione, il raschiamento o il taglio cesario. Si tratta di interventi obsoleti, costosi, invasivi e talvolta dolorosi per la semplice prassi abortiva: rappresentano un rischio in più per la salute del paziente oltre che un trauma per la sua salute psicologica. Su tutto il territorio nazionale le strutture sanitarie in cui poter praticare l’interruzione farmacologica di gravidanza sono ancora poche e sono concentrate soprattutto al Nord. Nel resto d’Europa, invece, l’aborto farmacologico viene eseguito nel 70% dei casi perché più sicuro e per niente invasivo, con punte del 90% nel Nord Europa. Ciò dimostra l’arretratezza in cui versa il nostro Paese.
Questi dati ci fanno capire quanto l’aborto sia un diritto solo “sulla carta”, che non viene rispettato, eppure è una componente importante della salute sessuale di ogni persona. I diritti sessuali, universamente riconociuti dall’OMS e da numerose convenzioni internazionali, sanciscono che ogni persona deve essere in grado di decidere autonomamente e senza condizionamenti sul proprio corpo, ottenendo informazioni che gli permettano di accedere ai servizi di salute sessuale e riproduttiva, dalla contraccezione all’aborto, in un’ottica di una piena e consapevole educazione sessuale, affettiva e di genere. Questo affinché le persone siano libere da ogni forma di condizionamento, costrizione, coercizione, violenza, discriminazione e stigmatizzazione. Cosa che purtroppo non sempre avviene. Il nostro Paese dimostra infatti di essere in ritardo anche in tema di contraccezione, di vitale importanza per scongiurare gravidanze indesiderate o inatesse. Imporre inoltre a una donna di condurre una gravidanza forzata, o al contrario, indurla o costringerla ad abortire contro la sua volontà, sono due gravi forme di violenza sessuale e psicologica. Garantire la libertà di scelta sulla gravidanza e sull’aborto in tempi accettabili e con modalità dignitose vuol dire rispettare i diritti umani. Si tratta di una questione di civiltà.
“Aderiamo alla campagna promossa da “Libera di abortire” e saremo impegnatə attivamente sul territorio nella raccolta firme attraverso iniziative e dibattiti“, fanno sapere le attiviste di Officina Femminista, impegnate in prima linea nella difesa e nella tutela dei diritti delle donne e di genere. “L’obiettivo della campagna – dichiarano – è raccogliere 50mila firme per presentare in Senato una nuova proposta di legge che regolamenti, tuteli ed estenda il diritto all’aborto al fine di garantire una salute riproduttiva libera e autodeterminata.Dopo 45 anni di mancata attuazione della Legge 194, è arrivato il momento di dire basta alle discriminazioni e alle violenze che si consumano sui nostri corpi.La stessa 194 – proseguono – si dimostra oggi insufficiente e inefficace nel rispondere ai nostri bisogni e alle nostre necessità, così, insieme ad altre realtà politiche e associative del territorio, abbiamo avviato questo percorso. Chiediamo il pieno riconoscimento del diritto di scelta e di autodeterminazione delle donne e delle persone con utero affinché la libertà riproduttiva non incontri più ostacoli morali e burocratici e possa essere realmente accessibile a tuttə.Bisogna disincentivare l’obiezione di coscienza, incentivare l’utilizzo della pillola abortiva, estendere i tempi di scelta sull’aborto e facilitare l’accesso ai consultori – sottolineano – che con questa nuova legge diventerebbero spazi davvero trans-inclusivi. L’aborto farmacologico, inoltre, è oggi una pratica sicura, economica ed efficace: è arrivato il tempo di riconoscerlo, oltre che scientificamente, anche culturalmente e giuridicamente“, concludono le attiviste.
C’è ancora quindi ancora molta strada da fare per garantire il diritto di scegliere liberamente e autonomamente sul proprio corpo nonché sulla propria vita sessuale e riproduttiva. Il dibattito sull’aborto va condotto razionalmente e scientificamente, libero da ogni stigma, tabù, dogma e pregiudizio, con gli strumenti che offrono la ginecologia, la sessuologia, la sociologia e la psicologia, affinché diventi una pratica senza possibilità di obiezione da parte di chi non ha alcun diritto di avere voce in capitolo né di decidere sulla vita privata di una persona. Questo cambiamento, per avvenire, non solo deve essere sociale e culturale, ma deve passare necessariamente attraverso un nuovo impianto legislativo e quindi regolamentato dalla legge, affinché un aborto legale, sicuro, dignitoso e gratuito sia garantito de iure e de facto per tuttə.
Non si può negare, infine, che è proprio a causa dello stigma moralizzatore che ancora aleggia sul tema, che l’aborto venga vissuto come un’esperienza traumatica per chi lo compie, caricando di malessere, di ansie e di angosce una pratica medica di routine che dovrebbe essere normalmente accettata, essendo sicura e scientificamente riconosciuta. Non è raro che le persone che abortiscono abbiano vissuto sulla propria pelle esperienze provate da dolore e sofferenze, da violenze e umiliazioni, spesso contornate da una condizione di abbandono e di solitudine. Si tratta spesso di storie di donne che potrebbero essere nostre sorelle, madri, figlie, amiche o che potremmo essere noi stessə, per questo è necessario avere rispetto e dare il proprio sostegno e supporto nelle battaglie per i diritti, senza mai rinunciare all’empatia e alla comprensione.
Ricordiamo infine che nella giornata di domenica sarà possibile firmare anche per altre cinque proposte di legge di iniziativa popolare tra cui quella sulla decriminalizzazione del sex working; per l’adozione di misure di contrasto alla povertà; per il sostegno alle imprese colpite dalla crisi; sull’erogazione di maggiori fondi per le energie rinnovabili e per l’adozione di politiche per la tutela e la salvaguardia del territorio e dell’ambiente. Per chi non potrà firmare fisicamente è prevista la possibilità di sottoscrivere la proposta di legge on-line (clicca qui).
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