Una panchina rossa per denunciare il dramma della violenza sulle donne. È questa l’iniziativa dal forte impatto visivo e dall’importante significato simbolico di cui si sono rese protagoniste sabato mattina le donne dell’associazione Officina Femminista di Orta di Atella, in provincia di Caserta. Dipingere di rosso una delle panchine situate in piazza San Salvatore è un modo per lanciare un messaggio forte e chiaro a tutta la comunità sia sul problema sociale della violenza sulla donne sia per affrontare, una volta per tutte e in maniera definitiva, il tema delle diseguaglianze di genere in vista della Giornata internazionale della donna. Si tratta di una delle prime inizative di questo genere a Orta di Atella e in tutto l’Agro atellano: nelle prossime settimane sono previste manifestazioni simili negli altri Comuni del territorio.
L’associazione, dalla propria pagina Facebook, spiega il perché di questo evento simbolico, che si pone nel solco delle battaglie per la parità di genere e per l’uguaglianza tra sessi, partendo dalla consapevolezza che solamente attraverso una lunga ed estenuante lotta culturale, sociale e politica contro il patriarcato, il maschilismo e la misoginia potrà essere restituita pari dignità alla condizione femminile. “Questo simbolo è solo uno strumento per ribadire a gran voce che c’è un’urgenza nel nostro Paese, che è quella dire che la violenza sulle donne ha una matrice ben definita ed è quella maschile”, scrive l’associazione sui propri canali social, che afferma: “Si tratta di una violenza radicata nella società che agisce sia in modo evidente che subdolo, nel tentativo di zittire le nostre voci al fine di esercitare un controllo materiale e psicologico nelle nostre vite”.

Officina Femminista, infatti, pone l’accento su come il processo di emancipazione femminile parta dalla consapevolezza del ruolo che spetta alla donna nella società, non più subalterna e vincolata all’uomo così come vorrebbe il retrogrado mondo patriarcale, bensì protagonista e artefice del proprio destino, senza alcun vincolo morale o di genere. La panchina rappresenta così un messaggio di solidarietà e di vicinanza a tutto il mondo femminile, non solo nel denunciare le ingiustizie e le vessazioni che le donne subiscono ogni giorno, ma anche per lanciare un invito a lottare per la propria autodeterminazione. “La panchina modificherà la sua funzione puramente oggettuale – ribadisce l’associazione – Trasformandosi così nel simbolo della lotta contro la violenza di genere. L’installazione fungerà altresì da monito significativo e costante sotto gli occhi di tutti i cittadini, diventando essa stessa portavoce materiale della tutela dei diritti delle donne”.
È fondamentale, secondo l’associazione nata dalle donne per le donne, sottolineare come il dramma dei soprusi e delle ingiustizie sul genere femminile sia diventato un problema non più rimandabile. La crisi economica causata dalla pandemia ha infatti aumentato le diseguaglianze di genere: basti pensare che solamente nello scorso mese di dicembre ben 99mila donne hanno perso il lavoro, una dato sbilanciato rispetto a quello maschile che dimostra come la condizione femminile sia più vulnerabile e svantaggiata, con minori tutele nel mondo del lavoro. La pandemia ha inoltre reso ancora più evidente il dramma dei femminicidi, tragicamente aumentati durante il primo semestre del 2020: i casi di donne uccise per questioni di genere hanno costituito quasi la metà degli omicidi registrati complessivamente in Italia nel periodo di riferimento. Dati, questi, che impongono una riflessione urgente e che confermano come il nostro non sia un Paese ancora a misura di donna.

Sulla panchina posta in piazza San Salvatore le ragazze dell’associazione hanno petanto deciso di installare una targhetta riportante il numero rosa 1522, servizio operativo ventiquattro ore su ventiquattro per dare aiuto a tutte le donne vittime di violenza e di stalking. “Occore capire che la violenza che si scaglia contro le nostre esistenze – conclude Officina Femminista – è una violenza radicata ed ereditata da un residuo tossico di dominio patriarcale, che agisce per schiacciare le nostre vite pubbliche e private privandoci della libertà”.
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