Il nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Napoli, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia partenopea, ha sequestrato all’interno di un container in sosta presso il porto di Salerno 2.800 chili di hashish e 1 milione di pasticche di amfetamine (peso complessivo 190 chili). Gli stupefacenti erano nascosti in un carico di copertura costituito da oltre 4.500 capi di abbigliamento di varie marche, risultati contraffatti e anch’essi sottoposti a sequestro.
L’ispezione del container è avvenuta in collaborazione con l’Agenzia delle dogane e con l’impiego di un apparato scanner. L’individuazione del carico di hashish e amfetamine è il frutto dell’incrocio delle risultanze investigative del Gico di Napoli, con l’analisi della documentazione acquisita presso le società di navigazione da cui è emerso che il container era giunto dalla Siria presso il porto di Salerno. La stessa Agenzia delle dogane, infatti, aveva già interdetto l’uscita dal porto del container in attesa di una ispezione doganale in quanto dall’analisi di rischio era emersa un’anomalia della rotta commerciale. Per quanto riguarda le droghe sintetiche (hashish e amfetamine) si tratta di un sequestro di assoluta rilevanza, sia per il quantitativo sia per il particolare allarme sociale legato all’utilizzo di tali sostanze soprattutto da parte dei giovani.
Alcuni giorni fa, un blitz dei carabinieri di Salerno, invece, ha portato all’arresto di 38 persone, comprendenti l’intera gerarchia di un’organizzazione criminale dedita alla droga, dai capi fino ai pusher. Tra i piani alti troviamo il nome di Ciro Persico che, dal carcere, è riuscito a gestire i propri affari con gli stupefacenti insieme al fratello Antonio e alla moglie Carmela Barone. Le sue conversazioni, intercettate dai militari dell’Arma di Salerno, hanno rimpinguato il fascicolo dell’indagine, rivelandosi cruciali per l’arresto, avvenuto nella mattinata di ieri. I carabinieri, coordinati dal maggiore Castellari e dal capitano Semboloni, hanno fatto luce su un’organizzazione che riusciva a trarre un profitto anche di 4mila euro al giorno. Cifre da capogiro per il mercato degli stupefacenti, gestito in prima persona da Ciro Persico, attivo nella città di Salerno. Proprio nel centro storico, in via Masuccio Salernitano, a pochi passi dal lungomare Trieste, il gruppo aveva anche un deposito.
Dalle indagini si è scoperto, inoltre, che Ciro Persico era in grado di incassare anche 1.500 euro alla settimana con la vendita al dettaglio. Il sistema, con una ripartizione precisa di ruoli e competenze, faceva addirittura scuola: lo stesso Persico, infatti, in rapporti con altri capi della provincia, consigliava loro di adottare quello che era conosciuto come il ”metodo Iavarone”. La vendita di hashish, insegnava lui, quando sul mercato c’è carenza di merce, deve procedere a vendite grosse. Ma i clienti salernitani avevano una vasta scelta, la vendita non si limitava solo all’hashish. Dal crack al cotto, passando per la cocaina e l’eroina e finendo con il fumo, l’organizzazione era pronta a soddisfare le esigenze di tutti. I canali di approvvigionamento all’ingrosso erano due, uno nella vicina provincia di Napoli, a Torre Annunziata, mentre l’altro arrivava fino in Calabria, a Crotone.
Il gruppo di Crotone da cui veniva acquistata la cocaina era in contatto con Luigi Iavarone, che era riuscito anche a strappare un accordo ai colleghi calabresi. Per ogni acquisto all’ingrosso di cocaina, infatti, il gruppo salernitano riceveva una partita in regalo. L’obiettivo era quello di mettere sul mercato la sostanza, creare assuefazione per poi alzare il prezzo e sfruttare al meglio il mercato. Il canale di Torre Annunziata, invece, era quello più recente e i contatti erano tenuti sempre dallo stesso Iavarone. Non mancava, infine, il contributo di Antonio Noschese.
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