La ricercatrice in ambito oncologico Sara Gandini, dell’Istituto Europeo di Oncologia, ha condotto a dicembre uno studio in cui analizzava l’andamento dei contagi in ambito scolastico, sostenendo una mancata correlazione dell’apertura delle scuole con la seconda ondata in Italia. Questo studio è recentemente tornato in auge grazie a un’intervista pubblicata sul Corriere della Sera in cui la professoressa sostiene che la scuola sia “uno dei luoghi più sicuri rispetto alle possibilità di contagio“. La professoressa Gandini aveva già espresso opinioni simili e poco ortodosse in un articolo pubblicato su Giap, in cui sosteneva aperture e libera circolazione del virus. L’articolo è stato successivamente archiviato con le scuse del gruppo Wu Ming poiché le argomentazioni non erano supportate da evidenze scientifiche.
Lo studio è in realtà piuttosto datato: risale al 18 dicembre 2020 e non è stato né accettato da riviste scientifiche, né revisionato ufficialmente. Si tratta in effetti di un pre-print, ovvero uno studio non ancora sottoposto ai primi dei molti controlli che sanciscono la qualità degli studi scientifici e si assicurano che non siano presenti sviste ed errori. In generale uno studio basato su dati antecedenti a gennaio, difficilmente risulta valido nella attuale situazione, dato il rapido evolversi delle condizioni epidemiologiche.
Alcune constatazioni iniziali dello studio infatti presentano delle inesattezze: si afferma che la scuola sia stata chiusa per più di metà dell’anno scolastico e che nelle scuole fosse stato obbligatorio indossare sempre la mascherina e farsi misurare la temperatura all’entrata. Riguardo i tempi di chiusura delle scuole italiane la didattica è iniziata a marzo, già a giugno gli esami di maturità si tenevano in presenza; la misurazione della temperatura doveva essere autocertificata a casa e le mascherine sono diventate obbligatorie ai banchi solo col il Dpcm del 3 novembre.
Al di là di queste inesattezze (che favoriscono impropriamente la tesi) lo studio procede in maniera poco chiara, senza esporre con precisione da dove siano stati presi i dati esaminati, dal momento che al 30 ottobre ancora non erano stati resi pubblici, come faceva notare Wired. A seguito della richiesta (sempre di Wired), ad ogni modo, avrebbero potuto essere utilizzati. Eppure le analisi non coincidono, a parità di dati: dall’analisi di Wired infatti si evince che in molte regioni l’incidenza nelle scuole era superiore all’incidenza nella popolazione generale. Al variare della regione dunque, il quadro mostra grandi differenze nell’andamento del contagio.
Stando comunque ai dati riportati, lo studio constata poi che il tasso di incidenza negli studenti delle scuole medie, elementari e superiori è inferiore al tasso di incidenza nella popolazione, ma constata anche che i docenti hanno un tasso di incidenza più che doppio rispetto al tasso medio di incidenza nella popolazione (2,2% contro 1%). Tuttavia, questa conclusione in qualche modo non viene considerata dagli autori, nonostante invalidi consistentemente la loro argomentazione principale.
In ogni caso, comunque, una simile comparazione tra tassi di incidenza non ci dice molto sulla sicurezza delle scuole. Che i più giovani si contagino di meno è risaputo e anche menzionato già nell’introduzione dello studio e può essere dovuto a moltissimi fattori (come il loro sistema immunitario), non per forza alla sicurezza delle scuole. Per dare una prova più solida della sicurezza della scuola si potrebbe per esempio comparare il tasso di incidenza dei contagi tra ragazzi in età scolastica che vanno a scuola e ragazzi in età scolastica che non vanno a scuola. Diversi studi (Nature, Science), revisionati e largamente validati inoltre, mostrano come la chiusura delle scuole sia un efficace mezzo per la riduzione dei contagi. A gennaio, inoltre, il fisico Alessandro Ferretti faceva notare sul Fatto Quotidiano come in realtà la situazione dei contagi non fosse del tutto sotto controllo (parlando anche del suddetto studio) e analizza in dettaglio la casistica piemontese sul suo blog.
In conclusione, lo studio presenta numerose incongruenze che sollevano altrettante perplessità. La sicurezza delle scuole sotto il profilo epidemiologico è un fenomeno complesso e costantemente in divenire, in quanto dipende da una molteplicità di fattori di natura diversa. Lo studio in questione non presenta argomentazioni e metodologie sufficientemente solide da sostenere la propria tesi, pertanto non può considerarsi un valido strumento di argomentazione a favore della sicurezza degli istituti scolastici in ambito epidemiologico.

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