L’Area Pip è forse uno degli emblemi dell’abbandono di Orta di Atella. Quello che sulla carta sarebbe dovuto essere un polo produttivo e artigianale di prim’ordine in tutto l’Agro atellano, si è trasformato ben presto in un “non luogo” che assurge a ruolo di discarica abusiva, che raccoglie gli sversamenti, sia civili sia industriali, di un’immensa area a vocazione agricola e artigianale a ridosso dell’Agro marcianisano. L’intero territorio, destinato inizialmente agli insediamenti produttivi gestiti dal consorzio Atella Moda, che avrebbe dovuto rappresentare un’occasione di riscatto sociale ed economico per l’intera città, è oggi diventato uno dei simboli del degrado e della vergogna.
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Il tutto è avvenuto in questi anni tra la rabbia e l’avvilimento dei cittadini, mentre tonnellate di rifiuti venivano sversati giornalmente nell’area Pip sotto lo sguardo disattento della classe politica locale e l’indifferenza di alcuni esponenti della classe imprenditrice che avrebbe dovuto far decollare il territorio creando ricchezza e lavoro, e invece ha preferito fare affari sulla speculazione edilizia, talvolta scendendo a patti con la criminalità organizzata i cui interessi sull’Agro atellano sono ancora vivi. Questo è quanto emerso anche dall’ultimo rapporto pubblicato dalla Direzione investigativa antimafia e dal ministero dell’Interno.
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Eppure basterebbe farsi una passeggiata a piedi in via Bugnano, nell’area Pip appunto, per avere davanti agli occhi la fotografia vivida di uno dei tanti esempi di “stupro organizzato” del territorio. Lo scenario al quale devono assistere ogni giorno gli abitanti di questa zona è da racconto post-apocalittico, con cumuli di rifiuti alti fino a due metri che costeggiano e talvolta sbarrano la strada. A destra e a sinistra della carreggiata, per centinaia di metri, è stato sversato praticamente di tutto: ci sono rifiuti elettronici di ogni tipo, carcasse di elettrodomestici, mobili abbandonati, ma anche pneumatici di auto e camion, scarti della lavorazione edile, sanitari, guaine, coperture, pellami provenienti dalle concerie, bidoni di solventi e pitture, lastre di amianto.
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La puzza è acre, punge alla gola e alle narici, e sulle labbra resta quasi un retrogusto dal sapore amarognolo. Il caldo asfissiante di questi giorni rende la zona un vero e proprio girone dell’inferno, infestato da insetti, serpenti e roditori. Il rischio ambientale è elevatissimo, compreso quello sanitario, soprattutto per chi vive a poche decine di metri da questa discarica a cielo aperto. Parlare di potenziale bomba ecologica è quanto mai realistico. Un eventuale rogo potrebbe trasformarsi, da un momento all’altro, in un’intensa coltre di fumo nero capace di oscurare il cielo di Orta di Atella, rendendone l’aria irrespirabile.
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Ciò che fa crescere ulteriormente la rabbia è che nulla è stato fatto in passato dalle istituzioni per risolvere realmente i problemi di un’area continuamente soggetta a sversamenti di ogni tipo e che ha urgente bisogno di essere ripulita e bonificata. In realtà qualcosa è stato fatto, ma come spesso accade da queste parti non serve praticamente a nulla: alcune telecamere sono state installate nei viali di accesso all’area Pip ma sono inutilizzabili, perché non funzionanti. Inoltre il Comune di Orta di Atella, retto da una triade commissariale, si trova in una situazione di dissesto finanziario e non dispone dei mezzi e delle risorse necessarie per controllare il territorio. Il comandante dei vigili Pasquale Pugliese è praticamente solo e deve fare i conti, ogni giorno, con l’illegalità diffusa in città e con la continua emergenza ambientale, che sembra non finire.
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Ormai si è perso il conto del numero di denunce e di segnalazioni che i comitati cittadini hanno inviato alle forze dell’ordine e alle istituzioni locali. Attivi sul territorio sono il comitato Stop Biocidio, ma anche la Rete di Cittadinanza e Comunità, di cui fa parte il locale collettivo “Città Visibile”. Dopo anni di cecità da parte delle amministrazioni che si sono succedute, adesso sembra che finalmente qualcosa si stia muovendo. Le commissarie che guidano l’amministrazione hanno capito finalmente la gravità di una situazione – come dimostrano le immagini pubblicate – che ha bisogno di trovare al più presto una soluzione.
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A partire dalla presa di coscienza di una condizione estremamente critica e pericolosa per la salute dell’intera comunità, il Comune di Orta di Atella, attraverso l’emissione di un’ordinanza ad hoc a tutela della salute pubblica, ha imposto la rimozione dei rifiuti e la bonifica dei luoghi lì dove sono stati segnalati gli sversamenti illeciti. A occuparsi delle spese di pulizia dovrà essere lo stesso consorzio che gestisce l’area Pip. Se Atella Moda non provvederà all’adempimento dell’ordinanza, nell’arco di dieci giorni dalla notifica, le operazioni di rimozione dei rifiuti saranno eseguite dall’ente, ma in danno al consorzio, al quale saranno addebitati tutti i costi della bonifica così come sancito dal decreto legislativo numero 152 del 2006, noto anche come Testo unico sull’ambiente.
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Il problema dello sversamento illecito di rifiuti non riguarderebbe però la sola area Pip, ma anche i territori limitrofi. Spostandosi nelle campagne circostanti in direzione Marcianise lo scenario non cambia. Tra le coltivazioni di tabacco e di mais e tra i frutteti coltivati a pesche, cumuli di rifiuti giacciono lì da mesi, formando vere e proprie collinette sulle quali è cresciuta anche la vegetazione. Lo scenario non cambia e prosegue per diversi chilometri. Lungo la stradina di campagna che porta in località San Pancrazio è un continuo susseguirsi di cenere e di resti di roghi. L’aria qui è ancora più acre e le narici vengono irritate dal forte odore di bruciato. I roghi di rifiuti più recenti, stando alle testimonianze dei contadini del posto, risalirebbero a meno di una settimana fa.
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Quest’area, estesa per diversi ettari, è oggetto di sversamenti già da diverso tempo, essendo stata in passato una ex discarica. Oggi, tutt’intorno, ci sono i campi coltivati a frutta e ortaggi. San Pancrazio però è anche un luogo dove si consumano diverse attività illecite: qui un blitz dei carabinieri ha portato al sequestro di decine di autovetture smontate e date alle fiamme, costituendo un vero e proprio cimitero per le auto rubate. A terra ci sono ancora i paraurti, i pezzi di auto e di carrozzeria che i ladri non sono riusciti a portare via. La situazione resta dunque critica anche nelle campagne ortesi, dove le sostanze tossiche e inquinanti generate dai roghi, vengono poi assorbite dal terreno con l’arrivo delle piogge, compromettendo le falde acquifere di un’area a vocazione agricola. Più in là c’è la strada provinciale che porta a Marcianise, che tra la puzza insopportabile dei Regi Lagni è diventata una tra le vie della prostituzione più frequentate del Casertano.
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Ma la vergogna di Orta di Atella non finisce qui. Proseguendo su via Salvatore Lanzano, strada che costeggia il campo sportivo, anch’esso in stato di degrado e di abbandono, e il centro commerciale Fabulae, recentemente teatro di episodi di criminalità, si arriva dopo poche decine di metri nell’area dell’ex Eurocompost, nota ai più come la “fabbrica della puzza”. Ciò che resta di questa azienda, costruita con i fondi europei e che si sarebbe dovuta occupare della produzione di compost biologico, non è altro che l’ennesimo ricettacolo di rifiuti all’interno di un territorio allo stremo. Camminando tra i capannoni abbandonati e pericolanti trasformati anch’essi in discariche sembra di ritrovarsi tra le pagine del romanzo La strada, dello scrittore americano Cormac McCarthy.
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Eppure non si tratta delle strade dell’America devastata da un chissà quale fenomeno apocalittico. Proprio come nella già descritta area Pip, anche qui il paesaggio è straniante: i rifiuti sono sparsi ovunque tra questi enormi capannoni sventrati, mentre quelli che in passato sono stati gli uffici dell’industria sembrano trasformati in un set da film dell’orrore, con carcasse di animali sgozzati chissà per quale oscuro e misterioso motivo. In quest’area, accessibile a chiunque e priva di ogni controllo, si consuma un altro dramma altrettanto grave: molti sono i giovani che, dopo aver smarrito se stessi e la propria identità, vengono qui a spararsi la droga nelle vene.
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I ragazzi dello zoo di Berlino sono dunque tra noi, e silenziosi aspettano la dose finale che metta fine a un’esistenza che avrebbe bisogno di essere ascoltata e aiutata, e non lasciata bruciare nel turbinio della tossicodipendenza. E anche su questo problema estremamente grave del territorio le istituzioni latitano. A pochi metri da questo dramma umano e ambientale c’era addirittura un’attività ristorativa, recentemente sequestrata dall’Autorità giudiziaria perché priva di autorizzazioni.
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Dopo I giorni dell’abbandono di un intero territorio chissà se la comunità ortese riuscirà, come i protagonisti del racconto di Elena Ferrante, a riprendersi in mano la propria vita e la propria dignità. Intanto, così come per l’area Pip, anche per l’ex Eurocompost sembra che si stia muovendo finalmente qualcosa. La curatela fallimentare che gestisce attualmente l’ex opificio non ha ottemperato agli obblighi previsti dalla legge per quel che riguarda la rimozione dei rifiuti e il ripristino dell’area. Pertanto, il comandante dei vigili Pugliese ha recentemente inviato una dettagliata informativa di reato alla Procura della Repubblica di Napoli, al fine di prendere provvedimenti di natura legale nei confronti di chi amministra lo stabile.
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Sia i provvedimenti presi per l’area Pip che per l’ex Eurocompost, dopo anni di inerzia da parte delle istituzioni locali, sembrano finalmente offrire uno spiraglio d’uscita a due situazioni che erano diventate ormai ingestibili e che rappresentavano una ferita aperta nel territorio e nelle coscienze dei cittadini ortesi. Finalmente l’intervento dello Stato, rappresentato dalla figura delle commissarie prefettizie, è arrivato, seppur con estremo ritardo. Ma la strada da percorrere per il ripristino della legalità e nel contrasto al degrado ambientale resta ancora lunga ed è tutta in salita.
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