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Home Società

Francesco Palagiano, segretario nazionale Asfi (Associazione farmacisti): “C’è la tendenza ad accaparrarsi il Plaquenil”

Pier Paolo De Brasi di Pier Paolo De Brasi
2 Aprile 2020
in Società
Plaquenil

La questione Plaquenil o, se preferite idrossiclorochina, dai suoi benefici per chi è affetto da Covid-19 o ne ha i sintomi, alle controindicazioni, dalla prescrizione da parte dei medici di base e alle differenze sui protocolli d’uso, è stata affrontata negli interventi a Il Crivello dei dottori Piero Di Tommaso, Antonio Marfella e Antonio D’Amore, cui si è aggiunto il parere del Sindacato medici italiani. Anche il tema della mancanza nelle farmacie è stato trattato; con il dottor Francesco Palagiano, segretario nazionale dell’Asfi, Associazione scientifica farmacisti italiani, approfondiamo un argomento che ha fatto nascere più di una perplessità.

Dottor Palagiano, perché l’uso del Plaquenil per la cura del Covid-19?

“Il Plaquenil è un farmaco a base di idrossiclorochina ed è da tempo utilizzato nell’artrite reumatoide, in quanto è capace di modulare le nostre difese immunitarie. Ci si è accorti, in studi condotti sin dai tempi dell’epidemia Sars del 2002-2003, che esso ha un effetto collaterale molto interessante: è capace di ridurre l’aggressività di alcune infezioni respiratorie virali. Si è dimostrato efficace anche nell’attuale epidemia, denominata Covid-19 (CoronaVirus Disease–19), causata dal Coronavirus Sars-CoV-2. Nonostante non si tratti di un farmaco sviluppato originariamente come antivirale, esso presenta caratteristiche molto promettenti: un gruppo di scienziati francesi ha pubblicato uno studio su un’importante rivista scientifica internazionale, in cui si dimostra che l’uso precoce dell’idrossiclorochina in pazienti infetti con pochi o nessun sintomo, riduce la carica virale. Ciò significa che la quantità  di virus rilevabile con i tamponi diminuisce: ci si può quindi aspettare che il decorso della malattia con l’uso del Plaquenil sia migliore, e ci siano meno ospedalizzazioni dovute all’aggravamento delle condizioni del pazienti. Ciò ha portato all’autorizzazione dell’uso dell’idrossicolorochina anche per la cura domiciliare di pazienti con sintomi lievi,  che non hanno fatto il tampone, dietro prescrizione e controllo del medico di base, che si affianca all’uso sperimentale negli ospedali, già in essere da tempo. L’autorizzazione è arrivata con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del 17 marzo 2020 della determina Dg 258 del direttore dell’Agenzia italiana del farmaco. I medici di base, dunque, seguendo un certo protocollo, possono prescriverlo ai propri pazienti in isolamento domiciliare”.  

Perché in alcuni casi è introvabile?

“Il numero dei casi di artrite reumatoide è minore, rispetto a quello di infezione da Coronavirus. A noi farmacisti ne arrivava, quindi, una quantità che si basava sul fabbisogno rispetto alla patologia cui era originariamente destinato, quantità assolutamente insufficiente a fronteggiare le nuove richieste. Inoltre, la domanda di farmaco è aumentata anche perché molti vorrebbero procurarselo in anticipo, anche se non hanno contratto la malattia. Ma non bisogna fare come in Francia, dove, subito dopo la pubblicazione dell’articolo sulla rivista scientifica, molti se lo sono fatti prescrivere e comprato per tenerselo a casa. Questa è una cosa da evitare, ma soprattutto insensata. Comprandolo ‘per averlo’, ‘per sicurezza’, di fatto lo si sottrae a chi ne ha veramente bisogno”.

Lei pensa che anche qui sia avvenuto come in Francia?  

“In maniera minore, ma è probabile. C’è la tendenza ad accaparrarsi il prodotto. È una cosa da stigmatizzare, anche perché non è un farmaco che può essere preso come cura preventiva alla malattia: ha effetti collaterali molto importanti, che possono manifestarsi in una retinopatia o disfunzioni al cuore, con esito anche mortale, in presenza di particolari patologie. Deve, quindi, essere sempre preso su prescrizione del medico curante, e dopo attenta valutazione della storia clinica del paziente. A volte sono venuti da me anche dei sanitari a cercarlo, forse per tenerselo come scorta. Nel frattempo, però, lo hai tolto a qualcuno che ne ha bisogno subito. Un accaparramento ingiustificato e inutile”. 

Lei prima ha parlato di protocollo, ma le risulta che non sia univoco a livello nazionale?

“Il Plaquenil, per avere maggiore effetto, deve essere preso precocemente, sin dai primi due giorni dalla comparsa dei sintomi del Covid-19, cioè febbre superiore a 37 e mezzo e assenza di olfatto o gusto, tosse secca, affanno. Ci sono lievi differenze, tra i protocolli seguiti dalle varie regioni dovute a studi diversi, ma niente di sostanziale”. 

Da farmacista, cosa si sente di dire in merito alla soluzione del problema mancanza Plaquenil?

“Le farmacie campane sono in prima linea nella lotta all’epidemia Covid-19 e riescono a procurarsi il farmaco e a consegnarlo a chi ne ha bisogno, seppure, a volte con un po’ di attesa. Ma, lo ribadisco, se c’è un accaparramento ingiustificato, si fanno solo dei danni”.

 

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