Orta di Atella non è un paese per giovani. No, non si tratta di un improbabile quanto inverosimile omaggio, con annesso ribaltamento dei ruoli anagrafici, alla celebre pellicola Non è un paese per vecchi dei fratelli Joel ed Ethan Coen, ispirata a sua volta all’omonimo romanzo dello scrittore americano Cormac McCarthy, ma di un’amara constatazione della realtà. Pochi giorni fa, non a caso, è stato pubblicato il rapporto Istat 2020 sul censimento anagrafico della popolazione: sui 7.903 Comuni italiani analizzati Orta di Atella è risultato il paese più giovane d’italia con un’età media di 35,3 anni. Se, dunque, la cittadina atellana può vantare tale primato statistico, i ragazzi e le ragazze che vivono quotidianamente il territorio non hanno, invece, alcun motivo per essere fieri di questo dato, visto che mancano strutture che siano in grado di permettere la socializzazione, l’aggregazione e l’incontro tra giovani.

A causa dello sviluppo aggressivo e predatorio che Orta di Atella ha subito nell’ultimo decennio, da cittadina di appena 13.000 abitanti si è trasformata ben presto in una vera e propria città dormitorio, sfiorando quasi i 30.000 residenti, senza garantire né servizi adeguati ai bisogni della collettività, né spazi sociali, luoghi culturali o semplici momenti di svago e spensieratezza per i suoi cittadini. Se gran parte dei paesi limitrofi, passata la pandemia, potranno ritornare alla normalità, a Orta purtroppo ciò non sarà possibile: da diversi anni, ormai, tutti i luoghi di aggregazione della città, dalla villetta comunale al campo sportivo passando per il palazzetto dello sport, sono chiusi e interdetti al pubblico, e continueranno a esserlo anche quando sarà alle spalle questo periodo buio.
Per questo motivo, abbiamo voluto constatare da vicino in che condizioni si trovano i simboli di quella che sarebbe dovuta essere la “rinascita ortese”, poiché essi versano in un totale stato di degrado e abbandono. Abbiamo, inoltre, ascoltato il parere di quei ragazzi che ogni giorno vengono privati del diritto di poter vivere in una città che sappia rispondere ai bisogni e alle esigenze dei millennials, ossia delle nuove generazioni.

Il nostro viaggio inizia dal campo sportivo Don Sossio Giordano. Lo stadio comunale, che per anni ha rappresentato un importante punto di incontro per i cittadini ortesi di tutte le età, venne chiuso nel 2015 dall’amministrazione Mozzillo per motivi di sicurezza. Da allora il plesso sportivo, uno tra i più importanti dell’Agro atellano, non ha più riaperto, diventando ben presto un ricettacolo di rifiuti e di attività illecite. In più occasioni, sono dovute intervenire le forze dell’ordine su segnalazione dei residenti del posto a causa dei continui furti e degli atti di vandalismo che si sono consumati all’interno del plesso. Nel 2019, l’amministrazione Villano decise di stanziare fondi per 100.000 euro per la riqualificazione della struttura, predisponendo l’ingresso di soggetti terzi nella gestione dell’impianto. Tale provvedimento, che ne avrebbe sancito la privatizzazione, si risolse con un nulla di fatto. Nel settembre 2020, con la visita al plesso ormai abbandonato da parte del ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, era sembrato potersi aprire un nuovo spiraglio di luce: nel novembre dello stesso anno le commissarie prefettizie che reggono le sorti della città hanno chiesto al Governo lo stanziamento di 1,4 milioni di euro per permetterne la messa in sicurezza e la riapertura dello stadio.

All’indomani degli impegni presi, però, lo stadio comunale si presenta ancora ai nostri occhi in uno stato di totale desolazione. A fare da “guardia” alla struttura ci sono le roulotte di una famiglia di giostrai, che qui sono stati costretti a stabilirsi a causa dei divieti imposti alle manifestazioni ludiche e di svago sanciti dai vari Dpcm adottati dal Governo per frenare la pandemia. La vista che si apre davanti a noi ci fa comprendere subito la grave condizione di incuria in cui versa l’impianto sportivo: spalti che cadono a pezzi, erbacce che crescono ovunque tra cumuli di immondizia, infissi e panchine letteralmente divelti, mura sventrate, tetti gocciolanti e infiltrazioni d’acqua dappertutto, tubature staccate dalle pareti e spogliatoi ridotti in macerie dai vandali. Ma quello che fa più rabbia è che questo scenario di devastazione si trova sotto gli occhi di tutti, a due passi dal centro commerciale Fabulae, e adiacente al piazzale nel quale ogni mercoledì si svolge il mercato settimanale.

“Con la chiusura dello stadio ci hanno tolto un importante spazio per passare insieme momenti di svago, di socialità e di comunità”, racconta Antonio Imparato, 24 anni e con una grandissima passione per il calcio, come d’altronde gran parte dei ragazzi della sua età. “La mia infanzia – ricorda il giovane – è stata segnata dai bellissimi momenti passati insieme a mio nonno, grande tifoso della Real Ortese. Ogni domenica mi portava con lui al campo ed è così che mi ha trasmesso questa grande passione. Le nostre domeniche erano segnate dal tifo e dall’entusiasmo per la nostra squadra del cuore”. Dello stesso parere è Mario D’Ambrosio, giovane ortese cresciuto a pane e pallone: “Lo sport più amato dagli italiani è sicuramente il calcio, non a Orta però, dove è stato completamente abolito. Vedere lo stadio versare in quelle condizioni è umiliante per tutti gli sportivi come me. La nostra città ha una storia di calcio di livello agonistico di tutto rispetto e non capiamo perché si sia arrivati a questo punto”. Il giovane sportivo conclude: “Lo sport fa bene al corpo e alla mente, crea aggregazione e senso di appartenenza. Privandoci del campo sportivo è come se ci avessero tolto passato, presente e futuro”.

In uno stato d’abbandono non dissimile da quello del campo sportivo si trova il palazzetto dello sport Fratelli Lettieri. Nel 2007 la struttura fu oggetto di importanti lavori di ampliamento e di ammodernamento, tanto da poter ospitare attività sportive di ogni tipo come il basket, la pallavolo, la pallamano e il calcio a cinque. Tutto sembrava andare per il meglio e l’impianto era ormai diventato un punto di riferimento per appassionati e sportivi provenienti da tutto l’Agro atellano. Nel 2019, però, il funzionamento del plesso ha subito una grave battuta d’arresto: successivamente alle ispezioni condotte dai vigili del fuoco, dalle forze dell’ordine e dai sanitari dell’Asl di Caserta sono emerse gravi carenze strutturali che ne hanno sancito la totale chiusura. L’edificio, oltre a non disporre dei certificati di prevenzione antincendio, si presentava ai controlli degli ispettori con le uscite di sicurezza bloccate e l’impianto idrico non funzionante. Anche i servizi igienici e gli spogliatoi, fondamentali per il corretto funzionamento della struttura, versavano in condizioni precarie.

Alla luce di quanto emerso, il palazzetto si trova attualmente sotto sequestro e tutte le attività sportive sono state interdette così come è vietato l’accesso alla struttura. A settembre 2020, qualcosa era sembrato muoversi, con la presentazione del bando Sport e periferie al quale sia il Comune che le associazioni del territorio hanno avuto la possibilità di partecipare. Il progetto include finanziamenti per 140 milioni di euro da indirizzare a infrastrutture e iniziative legate al mondo dello sport, alla crescita e allo sviluppo delle aree periferiche e per dare un impulso alle politiche giovanili. A distanza di tre mesi dalla scadenza del bando, però, i cancelli del plesso restano ancora sbarrati, quasi a simboleggiare un paese che chiude in faccia ai giovani le porte del loro futuro.

Domenico Del Prete è il vicepresidente dell’associazione Go! Giovani ortesi e da lungo tempo milita tra le fila della locale squadra di pallamano. “Per molti di noi il palazzetto ha rappresentato un luogo fondamentale per la propria crescita umana e sportiva”, spiega Domenico, che poi prosegue: “Chiunque abbia messo piede su quel parquet sa bene quanto sudore e quanta passione abbiamo impiegato per portare lo sport ortese ad alti livelli. Ho iniziato a frequentare il palazzetto quando ero appena adolescente e proprio lì ho conosciuto la pallamano, sport di cui Orta di Atella è stata la capitale campana per molti anni. Grazie a questo gioco ho compreso che la cosa più importante non è andare a rete, ma il rispetto dell’avversario, l’affiatamento e l’amicizia tra compagni di squadra. Questo è ciò che andrebbe insegnato a un ragazzino che si avvicina per la prima volta a questa disciplina”.

L’Atellana Handball è la società sportiva più rappresentativa della città per storia e tradizione, avendo militato nel campionato A2 di pallamano. Oggi, per via dell’inagibilità del PalaLettieri è costretta ad allenarsi e a disputare gli incontri al PalaJacazzi di Aversa. Domenico racconta l’esperienza traumatica vissuta un anno e mezzo fa, quando ricevette la notizia della chiusura del plesso: “Da un giorno all’altro ci hanno sbattuti in mezzo alla strada, senza un luogo in cui poterci allenare e giocare. Ora giochiamo altrove ed è un enorme disagio, ma il dato più preoccupante è che lasciamo un’intera generazione senza alcuna possibilità di praticare uno sport nella propria città”. Domenico non nasconde i momenti più belli ed entusiasmanti vissuti sul campo da gioco: “Ricordo con molta nostalgia le lunghe sedute di allenamento, la gioia di una partita vinta, l’aria di familiarità che si viveva. Sono triste se penso che queste emozioni non potranno più essere vissute. Il palazzetto rappresenta uno tra i più importanti spazi sociali della comunità atellana ed è necessario che venga ripristinato e valorizzato al più presto. Una volta passata la pandemia sarebbe bello poter tornare alla normalità”.

Anche quella del parco giochi Padre Erasmo Parente è una storia lunga e travagliata. In seguito alla sua realizzazione, nel 2015, l’allora amministrazione Mozzillo pubblicò il bando per l’affidamento della villetta per un canone annuale di 5.000 euro. Il bene venne poi affidato ai privati nel 2017, quando a reggere le sorti del Comune c’era il viceprefetto Vincenzo Lubrano. Nel giugno 2018, durante i sopralluoghi per la consegna del parco, furono preventivati dalla ditta affidataria lavori di manutenzione straordinaria per un totale di 57.000 euro. L’opera era in procinto di partire ma la convalida dell’atto di gestione da parte dell’allora amministrazione Villano con la relativa delibera di giunta non c’è mai stata. Nel 2019, la commissione straordinaria, sugli atti di affidamento, finiti tra l’altro nel mirino della commissione d’accesso che ha portato allo scioglimento per infiltrazioni mafiose dell’amministrazione Villano, ha disposto la procedura di accertamento per rilevare eventuali profili di illegittimità per poi procedere alla revoca. Per fare maggiore chiarezza sulle articolate vicende del parco giochi, la scorsa estate la commissione straordinaria ha istituito il collegio degli ispettori, una task force a cui è stato dato il compito di indagare sugli affidamenti e sugli appalti considerati irregolari.

Quello che sarebbe dovuto essere il polmone verde della città, dove i genitori ortesi avrebbero potuto portare a giocare i propri figli e nel quale i giovani avrebbero avuto la possibilità di trascorrere il loro tempo libero assieme agli amici oppure portare a spasso i loro teneri amichetti a quattro zampe si è trasformato in un vasto piazzale abbandonato all’interno del quale si alternano erbacce e rifiuti. Si tratta di un’area estesa su 9.000 metri quadrati che nei progetti iniziali avrebbe dovuto ospitare feste, eventi, sagre, iniziative ludiche e culturali a carattere sportivo e musicale, e che se fosse stata funzionante avrebbe rappresentato il simbolo del riscatto di Orta di Atella. Oggi si presenta, invece, in condizioni fatiscenti e in preda allo squallore.

“Quand’ero ragazzino – ricorda Michele Artellino, giovane studente di design e comunicazione – Mi recavo con i miei amici in bici fino al parco giochi. Ero appena tredicenne e passavo lì intere giornate lontano dal traffico e dal caos cittadino. Ci davamo appuntamento in villetta nel pomeriggio, dopo la scuola, e impiegavamo il nostro tempo a giocare con la palla oppure a scambiarci le figurine”. Il racconto gioioso di Michele svanisce presto di fronte alla desolazione in cui versa attualmente il parco giochi: “Adesso, quando vedo la villetta sbarrata dai cancelli e abbandonata a se stessa, lì dove ho trascorso gran parte della mia infanzia e della mia gioventù, sento un peso sul petto. L’incuria ha preso il sopravvento, e assieme a essa l’indifferenza di chi fa finta di nulla. Per quanto tempo ancora pensiamo di chiudere gli occhi davanti ai tanti ragazzini ai quali viene negata la possibilità di passare il proprio tempo libero con felicità e spensieratezza?”. Una domanda, quella di Michele, che ci invita a riflettere su che tipo di città stiamo lasciando ai nostri figli.

Il nostro viaggio nella città più giovane d’Italia ma che ignora le istanze dei giovani termina con l’ennesimo schiaffo a una generazione la cui colpa sembra quella di voler essere protagonista del proprio futuro. Parliamo di ciò che dovrebbe esserci ma che in realtà non c’è: la biblioteca civica. La città è infatti priva di una struttura che possa rappresentare un punto di riferimento culturale per gli studenti e per gli studiosi dell’Agro, e che al contempo funga da custode della memoria storica di una tra le città più antiche della Campania, quell’Antica Atella, le cui origini risalgono al secondo secolo avanti Cristo. Facciamo però un salto in avanti di almeno duemila anni: si iniziò a parlare della realizzazione della biblioteca comunale solamente nel 2013, con la proposta di istituire un polo culturale nelle sale di Palazzo dei Martiri Atellani (ex Palazzo della Salute) in piazza Principessa Belmonte. Il progetto venne accantonato in seguito alle vicende giudiziarie che portarono l’allora amministrazione Brancaccio a essere sciolta per infiltrazioni camorristiche. L’idea di realizzare una biblioteca è poi completamente scomparsa dai radar delle amministrazioni che si sono succedute: uno spazio dove poter studiare a Orta attualmente non esiste.
Sul tema dice la sua Nicola Liguori, studente di giurisprudenza all’università Federico II di Napoli nonché presidente dell’associazione studentesca Us – L’università degli studenti. Per lui, come per tanti altri studenti del territorio, l’assenza di luoghi e di spazi dove poter studiare è un grosso problema. “Prima che scoppiasse l’emergenza sanitaria, assieme a tanti altri miei coetanei, passavamo le giornate in luoghi dedicati allo studio, dove poterci confrontare e formarci”, afferma Nicola, che prosegue: “La pandemia ci ha permesso di comprendere quanto siano importanti i luoghi d’aggregazione e d’incontro per noi giovani. Eppure, nonostante Orta di Atella sia ricca di storia e di cultura, non ci sono biblioteche, librerie o aule studio. Possibile che nel paese più giovane d’Italia non si faccia alcun investimento sui giovani?”. La domanda di Nicola è più che legittima in una città dove le politiche giovanili e quelle culturali sono state completamente cancellate dalle priorità di chi amministra. “Mi piacerebbe poter usufruire di una biblioteca dove le persone possano leggere, studiare, confrontarsi e formarsi, senza che siano costrette ogni volta a recarsi fuori paese. Sarebbe un sogno se anche qui a Orta ci fosse un luogo tranquillo e sereno, magari immerso nel verde, dove sia possibile conoscersi così da potersi scambiare libri e appunti. La cultura è il legame fondante di una comunità ed è fondamentale che essa venga diffusa e sia condivisa il più possibile”, ribadisce con convinzione il giovane studente atellano.
L’assenza di spazi per la condivisione e l’aggregazione giovanile è un tema caro anche a Martina Orecchio, laureata in lettere e aspirante giornalista. “Orta è una città paradosso. Il Comune più giovane d’Italia, in realtà, non ha nulla da offrire per noi giovani. Mancano del tutto i luoghi per la diffusione della cultura, del sapere e della conoscenza”, afferma con tono di rabbia mista a dispiacere la giovane cronista atellana, che si chiede: “Senza posti in cui i giovani si possano incontrare per scambiare idee, progetti e informazioni quale futuro può avere la nostra comunità? Stiamo chiedendo troppo? Non dovrebbe essere un nostro diritto in qualità di cittadini e studenti?”. Sono tanti, dunque, gli interrogativi che i ragazzi e le ragazze che vivono quotidianamente il territorio ortese si pongono; domande alle quali nessuno, a oggi, è stato capace di trovare una risposta.
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