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Rapporto Istat “Benessere equo e sostenibile”: l’Italia è sempre più povera

L'indice Bes mostra un Paese in difficoltà, fanalino di coda in Europa in termini di sviluppo, e che necessita di massicci interventi strutturali in campo economico, sociale e sanitario

Giuseppe Cerreto di Giuseppe Cerreto
11 Marzo 2021
in Italia
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Rapporto Istat “Benessere equo e sostenibile”: l’Italia è sempre più povera

È stato pubblicato il rapporto 2020 sul “Benessere equo e sostenibile” a cura dell’Istat, noto anche come indice Bes. Il report nasce per analizzare in maniera esaustiva il progresso sociale ed economico in Italia, tenendo in considerazione tutta una serie di fattori e di indicatori che misurano l’indice di sviluppo del Paese. Da una lettura approfondita dei dati e degli indicatori utilizzati (in totale 152, così come sancito dal programma Next Generation Ue), emerge subito come la pandemia abbia influito in maniera drammaticamente negativa sulla crescita economica, sociale e culturale nazionale. I numeri elaborati dall’Istat, inseriti e contestualizzati all’interno di dodici macroaree di interesse, non lasciano spazio a nessun’altra interpretazione: le diseguaglianze sono in netto aumento nel 2020 e il prolungarsi della crisi anche per tutto il 2021 non lascia sperare in una ripresa nel breve periodo. 

Il crollo evidente dei livelli economici e produttivi rispetto al 2019 ha generato una reazione a catena che ha colpito la società italiana, in particolare le famiglie, ritrovatesi più povere. L’effetto negativo ha fatto sentire tutto il suo peso sui redditi, sul potere d’acquisto e sulla spesa al consumo dei nuclei familiari, aumentando in maniera considerevole il gap economico in determinate categorie sociali, in particolare tra le donne e i giovani, e aggravando le condizioni sociali di alcuni territori, specialmente al Sud. Quello che emerge, dunque, è il quadro di un Paese in affanno, letteralmente schiacciato dalla pandemia. I dodici domini su cui si è focalizzata l’analisi dell’Istat sono: salute, istruzione, lavoro, benessere economico e soggettivo, sicurezza, servizi, ambiente, relazioni sociali, politica e istituzioni, paesaggio e patrimonio culturale, ricerca e innovazione.

Nel campo della salute l’indice Bes evidenzia come l’incremento della speranza di vita registrato nell’ultimo decennio abbia subito nel 2020 una brusca battuta d’arresto a causa dell’epidemia di Covid-19. Se nel 2019, infatti, l’indice medio della speranza di vita alla nascita si aggirava attorno a 83,2 anni, nel 2020 questo è sceso all’82,3, registrando un calo di un punto percentuale. La flessione si è fatta sentire maggiormente nelle regioni del Nord Italia, mentre resta stazionaria al Centro. Le perdite minori nell’ultimo anno si registrano invece al Sud Italia, dove comunque la speranza di vita resta comunque bassa e al di sotto della media nazionale. 

Altra nota dolente è rappresenta dal livello di istruzione: il nostro Paese, infatti, non è ancora in grado di offrire a tutti i suoi giovani le stesse opportunità per un’educazione e una formazione adeguate. Il grado di istruzione dipende da fattori quali l’estrazione sociale e il contesto socio-economico di appartenenza: se rispetto allo scorso anno si registra un incremento del numero di laureati dello 0,4% è altrettanto vero che la chiusura di scuole e università e il ricorso alla didattica a distanza ha aumentato la dispersione scolastica, la povertà educativa e le conseguenti diseguaglianze culturali. Il divario con il resto dell’Europa, inoltre, invece che diminuire continua ad ampliarsi: i giovani italiani che hanno conseguito un diploma universitario nel 2020 sono il 27,9% a confronto di una media Ue pari al 42,1%. In gran parte dei campi riguardanti l’istruzione di base e la formazione professionale l’Italia è il fanalino di coda in Europa.

Per quel che riguarda la sicurezza, invece, si registra un andamento in controtendenza. Le limitazioni alla libertà individuale imposte per far fronte alla pandemia come i vari lockdown, il coprifuoco e l’istituzione delle zone rosse hanno generato una riduzione sostanziale dei reati commessi in tutto l’arco del 2020. Il numero di furti è crollato del -51,9% mentre le rapine sono scese del -29,3%. Di segno opposto invece sono i reati di natura informatica che hanno subito un incremento del 24%. In calo anche il numero di omicidi che segnano un -18,6% rispetto al 2019 mentre i femminicidi registrano un aumento di segno opposto pari al 5,4%. L’88,3% delle donne uccise è vittima di una persona conosciuta: nel 61,3% dei casi sono state ammazzate dal partner o dal proprio ex mentre nel 22,5% delle volte sono state uccise da un familiare o da un parente. Il lockdown ha fatto inoltre schizzare i casi di violenza domestica e familiare. L’Italia dunque si dimostra non essere un Paese a misura di donna.

Per quel che riguarda il lavoro si registra un trend estremamente negativo: l’emergenza sanitaria ha comportato un calo drastico del numero di occupati. Nel primo semestre del 2020 si è registrata una perdita occupazionale di 788mila lavoratori rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con un tasso di disoccupazione pari al 9%. A preoccupare maggiormente è però la disoccupazione giovanile, salita al 29,7% e con picchi che superano il 45% nelle regioni del Sud Italia. Il tasso di occupazione si attesta invece al 62% rispetto al 71,6% europeo. Allarmante in Italia è il numero dei neet, ossia dei giovani che non studiano e non lavorano, che salgono a quota 23,9%. Aumenta anche il gender gap: le donne sono state infatti la categoria più colpita dall’emorragia di posti di lavoro: il tasso di occupazione femminile in Italia è del 14% più basso rispetto alla media europea. 

Crollato anche il benessere economico degli italiani. La stima preliminare per il 2020 registra oltre 5,6 milioni di persone in condizioni di povertà assoluta con un’incidenza media pari al 9,4%: questo vuol dire che quasi un italiano su dieci è povero. La povertà cresce soprattutto al Nord Italia, area particolarmente colpita dalla pandemia, mentre il Mezzogiorno registra valori di povertà tra i più alti d’Europa, con Campania e Sicilia fanalini di coda. La povertà colpisce soprattutto le famiglie numerose con minori a carico. Preoccupanti sono i numeri sempre crescenti dei “nuovi poveri” e quelli legati alla povertà infantile, la più alta in Europa, che tocca quota 13,6%: i bambini e i ragazzi in povertà sono un milione e 346mila. Nell’ultimo anno il 28,8% delle famiglie italiane ha dichiarato un peggioramento della propria situazione economica reddituale.

Cala notevolmente anche la qualità dei servizi offerti al cittadino: la pandemia ha infatti accentuato i deficit del sistema sanitario nazionale. Dal 2010 a oggi si registra una costante diminuzione dei posti letto negli ospedali (solamente 3 per ogni 10.000 abitanti) mentre aumenta la mobilità sanitaria, con sempre più pazienti che si trasferiscono in altre Regioni per ricevere le cure di cui hanno bisogno. I medici nel nostro Paese sono circa 241.000, con la media di un medico per ogni mille residenti. Questi dati pongono l’Italia tra i primi posti in Europa nel rapporto tra numero di medici e cittadini, ma l’età media dei medici resta alta a causa del basso numero di nuovi specialisti in ingresso. Per quel che riguarda invece il numero degli infermieri, fondamentali per offrire cure e assistenza di qualità, l’Italia è tra gli ultimi posti in Europa. Nel 2020, inoltre, un cittadino su dieci ha dovuto rinunciare alle cure a causa dell’epidemia la quale ha ridotto la capienza e la possibilità di accesso alle strutture sanitarie. 

Per quanto riguarda le altre macroaree prese in esame dal report, c’è da evidenziare un aumento delle relazioni sociali, soprattutto da parte delle giovani generazioni, per quanto riguarda la partecipazione alla vita civile e culturale del Paese, sebbene la fiducia nelle istituzioni resti comunque basa. Dal punto di vista della politica la rappresentanza femminile nelle istituzioni è aumentata appena dell’1% nell’ultimo anno, con numeri estremamente bassi rispetto al resto d’Europa. Per quanto concerne il benessere soggettivo, cresce rispetto allo scorso anno il giudizio negativo circa le proprie prospettive future, anche a causa dell’incertezza economica dovuta alla pandemia. La spesa pubblica per la cultura resta tra le più basse d’Europa ed è ferma allo 0,4% del Pil, con le Regioni del Sud in fondo alla classifica degli investimenti di tipo socio-culturale.

In ambito ambientale, aumentano le preoccupazioni circa i cambiamenti climatici e migliora leggermente la qualità dell’aria: le Regioni maggiormente inquinate sono quelle del Nord Italia. In aumento gli eventi climatici estremi causati dal surriscaldamento globale. Per quel che concerne, infine, l’innovazione tecnologica, si registra un aumento decennale nell’utilizzo di dispositivi elettronici e della rete internet, sebbene il digital divide resti alto tra la popolazione anziana e le famiglie del Mezzogiorno. A oggi un terzo delle famiglie italiane non dispone di un computer o di un accesso costante alla rete, con un gap di dieci punti percentuali tra Nord e Sud del Paese. Solo un’impresa italiana su dieci è sul web e solamente un Comune su quattro offre servizi di pubblica utilità online, dati questi che pongono l’Italia agli ultimi posti in Europa per innovazione digitale.

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Tags: istat
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